domenica 28 settembre 2008

MA SI’, CALIAMO GLI ASSI

Rossi, Magnini, Pistorius, Zidane e Vezzali un po’ rimpiccioliti dal graffiante enigmista in vena di battute.

VALENTINO ROSSI
Abbiamo finalmente capito perché Valentino Rossi ha ricevuto la laurea honoris causa. E' l'unico che sia riuscito a dimostrare che il 46 è un numero primo.


FILIPPO MAGNINI
Filippica per "Filo": pensatela come vi pare ma la partecipazione di Filippo Magnini all'Isola dei Famosi è una caduta di stile. E allo stile un nuotatore dovrebbe badarci.
OSCAR PISTORIUS
Scoperto da Pistorius, un ladruncolo introdottosi nella sua abitazione, è fuggito. A gambe levate.

ZIDANE
Zidane ha confessato di essersi pentito di quel che fece a Materassi. La notizia è stata subito riportata. Da tutte le testate.


VALENTINA VEZZALI
Valentina Vezzali fa un fioretto: riconosce che dopo la sua uscita con Berlusconi a Porta a Porta è lecito pensare che un po’ toccata lo è.



Leone Pantaleoni

giovedì 25 settembre 2008

UN OTTOBRE TRA SACRO E PROFANO

Ed anche tra tartufi, funghi, uva, miele e castagne

Decimo mese dell'anno gregoriano derivante dall'october dei latini, soltanto perché il loro calendario cominciava da marzo (di cui alle tragiche idi della macellazione di Cesare per mano di Bruto, Casca e Cassio), ottobre è bello, esordisce un saggio, ma subito ammonendo di tener pronto l'ombrello.

Il 2 ottobre è dedicato agli animali. Che poi, a pensarci bene pensando male, comprende anche molti uomini che come tali si comportano e non certo per esser festeggiati in quel giorno. Fuor di meteorologia e zoologia, ottobre è il mese di molti prodotti della terra: a Pergola XI mostra mercato del tartufo, dal 7 al 21; a Casinina "Il Baccanale", dall'11 al 12; a Belforte all'Isauro, festa del miele e dei prodotti animali, dal 12 al 14; a Lunano Festa della Castagna, dal 19 al 21. Il 4 di ottobre, si onora il santo patrono d'Italia; quel Francesco, nato come Giovanni di Pietro Bernardone, che si spogliò di tutto per rivestirsi interamente di Dio. Bisogna poi giungere proprio all'ultimo dei suoi 31 giorni, perché ottobre, dismesso il saio per una tunica da mago, dia spazio, all'insegna del dolcetto-scherzetto, ad una festa pagana. Ovvero a quell'Halloween che non pochi di noi hanno accolto con entusiasmo; vuoi la esterofilia di sempre e vuoi la moda del momento. E, peggio del peggio, vuoi la sintonia per tutto ciò è cacofonia alle orecchie della nostra più consolidata tradizione.

Leone Pantaleoni

martedì 23 settembre 2008

NOCCIOLINE COME PEPITE

Semplici riflessioni sulla insana euforia legata alle vincite in tabaccheria

Difficoltà economiche a parte, si sa che immersi nel monotono grigiore del vivere, si senta il bisogno di colorarsi l’esistenza illudendosi almeno un po’; al punto che il solo raschiare la pellicola argentata di quella casellina che cela il numero, proprio come accade al pocherista che spilla la carta, sembra appagarci del costo del tagliando.

Non fosse chiaro, ci riferiamo alle due vincite messe entrambe a segno nell'identico bar della mia città (Pesaro), dove, ci vuol poco ad immaginare, il flusso degli acquirenti subirà picchi d'incremento da catena himalaiana. Ivi compresa l'onda lunga che si prolungherà come una catena andina fino ai più remoti confini della provincia. Ora, nonostante che andare controcorrente è come sfidare le rapide d'un fiume con cascata a seguire, statistica o meno alla mano, il retto intendere continua a sussurrarci alle orecchie che per uno che forse vincerà, di certo mille altri stracceranno il proprio denaro. In quanto cieca, la fortuna è anche cinica e non considera che non pochi sono coloro che in tali imprese gettano via i risparmi d’una vita. Ecco perché, non è invidia, non è depressione e neanche vocazione a fare il Savonarola, se chiediamo comprensione che notizie del genere non riescano a trasmetterci quel senso di euforia invece tanto diffuso e condiviso. Noi, in quanto a vincite, siamo rimasti alla tombole di Natale; quando la tavolata parrocchiale si trasforma nelle rive del Klondike, perché un torrone portato a casa, sarà per il colore della carta che l'avvolge, ci sembra un lingotto d'oro; e un pacchetto di noccioline, sarà per il colore delle arachidi, un sacchetto di pepite.

Leone Pantaleoni

GUARDATEVI DAL FARVI LA MICHETTA

Se il pane, oltre che di protesta, è anche fonte di equivoci


Appena sfornato, lo sciopero della pagnotta, oltre che a rimandarci alle croccanti brioches di Maria Antonietta (ma l’attribuzione della nota frase non ha fondamento storico) ed al manzoniano assalto dei forni (qui invece la storicità è acclarata), ci ricorda un curioso aneddoto. Quale? Evitar di riferire alla mamma del vostro compagno di banco Luigi che Luigi s’è fatto la michetta, perché se Luigi è vostro sodale da sempre, potrebbe anche accadere che tanta amicizia si spezzi bruscamente.

La genitrice potrebbe infatti equivocare con la frase: “… s’è fatto l’amichetta” e quindi apostrofare Luigi con quell’eccesso di severità che si traduce in effluvio di epiteti. Ed è proprio una questione di apostrofo, se ci fate caso. Beh, la michetta era invece quel prodotto tipico del panettiere che può anche passare sotto il nome di rosetta. Ragion per cui, se proprio avesse peccato, Luigi lo avrebbe commesso di gola. La qual cosa però non ci consiglia nemmeno a riferire che Luigi s’è fatto la rosetta, perché allora il problema d’apostrofo diventerebbe un problema di maiuscola (Rosetta) e, quel che è peggio, la cosa assumerebbe connotati ben più preoccupanti del filarino adolescenziale. Dal che si evince come il pane, oltre che essere oggetto di vitale protesta, può anche essere fonte di equivoci effimeri solo in apparenza.
Leone Pantaleoni

PIU’ CHE UMORISMO, RUMORISMO

I clamori suscitati da Sabina Guzzanti rivelano una invettiva travestita da satira

Comici de che? Ecco cosa vien da dire se, accantonato il patetico e velleitario carrozzone dei soliti nani e ballerine, si pensa alle Sabine Guzzanti ed ai Daniele Luttazzi che, mal adoperandosi, confondono o spacciano l'invettiva per satira, e trasformano una talentosa capacità di farla, in una livorosa acidità di non farla.

Senza risalire a Ennio, Lucilio ed Orazio; a Persio, Marziale e Giovenale, ci torna alla mente la battuta di Winston Churchill che, alla signora che lo apostrofò dicendo: "Se fossi sua moglie le metterei del veleno nel caffé" rispose serafico: "E se io fossi suo marito, lo berrei subito". Oppure uno dei tanti aneddoti di Leo Longanesi: "Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa". Dal che si vede come sempre la satira, mettendo in ridicolo incoerenze causate da debolezze comuni, non possa prescindere dall'auto ironia e come non di rado sfrutti l'effetto boomerang e il paradosso con esiti invero eccellenti. La satira non è: io buono accuso te cattivo; la satira è: io, come te buono e cattivo, mi accorgo che tu adesso vuoi farti credere buono essendo cattivo.
Falsa modestia, la satira sale sì sul pulpito, ma lo fa così in sordina da dissimularlo come meglio non si potrebbe. Infatti, al pari dello spettacolo pirotecnico, è proprio in quel contrasto d'iniziale debito di apparenza e di finale credito di evidenza, che la satira riesce a dare il massimo di sé. Si credeva di avere un bigné tra i denti ed invece si stringeva una bomba tra le dita. A proposito, tornando a bomba, vi sembra di poter dire che una Guzzanti che dice: "Fra vent'anni il papa sarà morto e starà dove deve stare: all'inferno, tormentato da dei diavoloni, frocioni, attivissimi e non passivissimi", risponda ad uno ed uno soltanto dei canoni della satira? Anche perché, a pensarci bene, se satira e invettiva fossero davvero sinonimi, Sabina (Guzzanti) e Savonarola avrebbero in comune ben più delle loro due lettere iniziali. E Tonino Di Pietro, in barba al barbuto Beppe Grillo, sarebbe il più grande comico italiano vivente.

Leone Pantaleoni

LA PARIETTI E’ SEMPRE SUL TRESPOLO!

Finirà dunque mai questa tivù di nani e ballerine, di corte e cortigiani? Di emeriti ospitati, pardon, raccomandati? Emblema di tanta decadenza è una tal Alba Parietti.
La signora è sempre lì, dinnanzi alla telecamera; su quel trespolo in cui è salita tanto tempo fa e dal quale si guarda bene dallo scendere. E da dove pontifica prima sul tutto e poi su tutto il suo contrario. Giorni addietro, con la prosopopea che la contraddistingue, ha parlato di Fellini e di una sua paventata partecipazione ad un film del grande regista. Roba dell’altro mondo! Pensare la Parietti come attrice è come immaginarci piloti di formula uno; noi, che non abbiamo patente e l’ultima volta che siam saliti sopra una bicicletta avevamo sì e no 18 anni. Troppo facile allora la battuta: più che Alba è tramonto. Difficile è invece comprendere come si possa tramontare senza mai essere spuntati all’ orizzonte!
Leone Pantaleoni

domenica 14 settembre 2008

IL DISASTRO EDUCATIVO? IL FARE CHE VUOL ANTEPORSI ALL'IMPARARE

Sempre attuale e scottante la crisi della scuola dove i previlegi della pratica han inteso scalzare i diritti della conoscenza

In relazione al dibattuto tema “crisi della scuola” c'è una chiosa che non sappiamo esimerci adesso dal fare.
Ovvero quel neo che è la concezione della scuola come impresa; dimenticando cioè che la sua vocazione è e sarà sempre quella di trasmettere conoscenza e non di erogare prodotti o servizi. I tir trasportano merce e non cultura e non è compito dei docenti il mettersi alla loro guida. Ecco perché, scalzati dalla sopravvalutazione dei metodi, i basilari concetti sono stati di fatto accantonati. Parlando sull’educazione dei giovani, la filosofa e storica tedesca Hanna Arendt denunciava come le riforme dei sistemi scolastici, per amore di certe teorie, buone o cattive che fossero, mettessero in disparte ogni regola di sano giudizio umano. Influenzata dalla moderna psicologia e dai dogmi del cosiddetto pragmatismo, la pedagogia, da un canto sopravvalutando le capacità dell’uomo e dall’altro dimenticandone i valori autentici, ha finito col diventare una scienza dell'insegnamento in genere; fino a rendersi del tutto indipendente dalla materia insegnata. E' quel peccato di presunzione che si traduce nel taglio netto col passato; è quel segare il ramo su cui si sta a cavalcioni. E' la illusoria convinzione che si può conoscere o comprendere soltanto ciò che si è fatto da sé. E' l'impossibile baratto della conoscenza con la pratica. E' l'attribuire al fare anche quel che spetta al solo imparare. E' inculcare una tecnica piuttosto che insegnare una conoscenza. E', insomma, il disastro educativo. Ragion per cui, se Cartesio, come Costantino – il tronista di Maria De Filippi, cosa credevate ? - , era un fisico bestiale, ad essere gustative saranno le pupille e non le papille; ad esser dipinti sui muri saranno i rinfreschi e non gli affreschi; ad essere spezzata, invece della lancia, sarà un'arancia; ad essere felice e non fenice sarà l'araba e ad essere ginecologico sarà un albero non più genealogico. E così via "sfondonando". Significa allora che sull'argomento non ci resta che piangere. Anzi, stendere un velo … peloso. E magari anche berci su un amaro … micidiale Giuliani.

Leone Pantaleoni

sabato 13 settembre 2008

MA A MISS ITALIA TORNANO I CONTI

Alla domanda: - Ma "Miss Italia ... ti assimila"? risponde l'enigmista col dire che "Miss Italia" e "ti assimila" sono frasi composte dalle medesime lettere cambiate di posto (anagramma). Divagazioni edipiche a parte, la verità è che Miss Italia non t'assimila per niente perché annoia. Come più non potrebbe. Diluita in un biblico numero di puntate e perciò infarcita di lungaggini insopportabili (elencazione di ospiti e componenti di giuria di cui a nessuno importa un fico secco, ivi comprese domandine ai medesimi come più banali non si potrebbe; simil interviste alle miss dove l'unico pensiero che ti suscitano è che se le bellone fossero state invece zitte avrebbero avuto tutto da guadagnarci, ecc.); ispirata a criteri selettivi sconcertanti dove non di rado Miss Italia finisce per la migliore e continua per la peggiore, quest'anno, senz'altro meritevole di menzione, è il programmato intervento di famigli e affini (così diceva Totò) delle candidate; dove, tra un "ti amo" del fidanzato e un "sei grande" d'una mammà in punta di lacrime, l'ermetismo di Ungaretti impallidisce e il "Tatangelismo" e "De Filippismo" scoppiano rubizzi di salute. L'unica consolazione in tanto sfacelo? Considerare che se al concorso non tornano i conti (calo crescente d'ascolti) a tornare sempre sono invece i Conti. Come un tal Carlo, amico di Leonardo Pieraccioni e Calimero dei presentatori.

Leone Pantaleoni

BANCARELLE DEI BAMBINI, UNA FIERA NELLA FIERA


La Fiera pesarese di San Nicola ci fa innanzitutto pensare a negozi d'altri tempi, quando, alla faccia del cinico consumismo di oggi, il tira e molla fra compratore e venditore trovava infine un punto d'incontro fra il desiderio di guadagnare e la necessità di risparmiare. E, fiera nella fiera, ci pone innanzi alle coloratissime ed improvvisate bancarelle di bambini, dove la gioia di vendere, che è gioia di vivere, si traduce nell'irrisorio prezzo della merce e ci dimostra come il sentirsi appagati è assai meglio che l'essere pagati.
Leone Pantaleoni

giovedì 11 settembre 2008

LA SFIDA SCACCHISTICA DEL SECOLO FRA UOMO E MACCHINA: CHI DEI DUE E’ PIU’ FORTE?

Il computer calcola velocissimamente ma non “crea”

Dal 1995 presidente del Circolo Scacchistico Pesarese e da sempre amante del cosiddetto Nobilgiuoco, non sono pochi a domandarmi se dinnanzi alla scacchiera sia più forte l'uomo o la macchina. Ben si comprende come tale interrogativo sia diventato incalzante da quando esistono i computer e in specie dal 1997, quando l'allora campione del mondo Garry Kasparov, ora il più agguerrito oppositore di Putin, fu clamorosamente battuto dal programma Deep Blue della IBM.

Garry Kasparov opposto a Deep Blue.

Di fronte, beninteso, ha uno dei programmatori.

Se conoscete il semplicissimo gioco del Tris, dove fra due giocatori vince chi riesce a mettere in fila per primo tre pallini su una griglia di 3 caselle per 3, saprete anche che se chi muove per secondo adotta la migliore strategia, la partita finirà inevitabilmente pari. Si dice allora che il Tris è un gioco determinato. Il fatto è che anche gli scacchi lo sono ma con la "piccola" differenza che mentre le combinazioni possibili del Tris sono 362.880, quelle degli scacchi sono - udite, udite! - 18 trilioni, 446 biliardi, 744 bilioni, 73 miliardi, 709 milioni, 551 mila, 615. La qual cosa ci riporta a quel famoso aneddoto dove, al visir che gli domandava cosa mai desiderasse, il suddito beneficiato rispose: - Un chicco di grano sulla prima casella della scacchiera, 2 sulla seconda, 4 sulla terza, 8 sulla quarta, 16 sulla quinta e così di seguito, per potenze di 2, fino alla sessantaquattresima casella -. Il visir restò basito ad una richiesta che a lui appariva così inspiegabilmente modesta. Non si rendeva conto il tapino che il numero di chicchi sarebbe stato quello di cui sopra e che non sarebbero bastati tutti i granai del mondo a contenerli! Beh, significa allora, che quando la macchina riuscirà a calcolare con la consona rapidità, si saprà a priori se il bianco che muove per primo è destinato a vincere sempre oppure se non può in alcun modo evitare il pareggio. Va da sé che a quel punto, ancora a venire beninteso, la sfida uomo-macchina perderà ogni fascino. Resta però il fatto che fra intelligenza umana e meccanica c'è una differenza incolmabile e parlare di calcolatori che hanno una “materia grigia” superiore è cosa, oltre che insensata, ridicola. Nell'uomo c'è una capacità creatrice che la macchina, anche la più veloce, non possiede.

La macchina fa ciò che gl'impone il programmatore e se io scrivo il mio cognome mille volte, mille volte, da "Pantaleoni", me lo corregge" in "pantaloni".

Leone Pantaleoni

CADUTA DI STILE


Filippo Magnini ha deciso di rallentare i ritmi fino a dicembre in preparazione ai mondiali di Roma del 2009. Ha però cominciato con troppo anticipo. E cioè da Pechino. Cosicché da olimpionico si è degradato ad olimpico. Inoltre, comunque la si pensi, la sua partecipazione all’Isola dei Famosi è una caduta di stile. E allo stile un nuotatore dovrebbe badarci.

Leone Pantaleoni

lunedì 8 settembre 2008

QUESTIONE DI NOMI, ANZI, DI LUOGHI

Excursus geografico-etimologico da Pontedazzo ad Acqualagna, passando per Palcano, Moria, Pianello, San Crescentino, Acquaviva e il santuario dell’Acquanera

Che i nomi di luogo abbiano origine che si perdono nella notte dei tempi, è cosa nota. Che ciò ne renda ardua la decrittazione, è cosa logica. Ma accade che ce ne siano anche di inventati; e che la toponomastica si diffonda per false equivalenze. Il nome della cittadina ligure di Pontedassio, Pontedase nella sua versione dialettale, ci spiega come esso derivi da un ponte fatto d'assi. Da noi, sulla via Flaminia tra Cagli e Cantiano, all'ingresso della bellissima ma inquietante gola del fiume Burano, c'è Pontedazzo che deriva invece da Ponte d'Azzo. Pontedazzo è il punto d'incrocio che può farvi approdare a località suggestive quali sono appunto la Villa di Palcano, Moria, Pianello e San Crescentino. Succede però, con altrettanta frequenza, che molti toponimi abbiano una etimologia di completa ed inequivocabile lettura. Si pensi ai nomi descrittivi, anzi, "parlanti", come li ha felicemente battezzati il professor Gian Luigi Beccaria (quello della televisiva "Parola mia" di Luciano Rispoli, ricordate?). Ci riferiamo, ad esempio, a quei medesimi nomi che decantano le proprietà benefiche delle acque, a cominciare dalle loro virtù curative: Acquabona, Acquacalda, Acqui ed Acquaviva (autentica perla incastonata nella Vallata del Catria, ce n'è una anche nella nostra provincia, a cinque chilometri da Cagli in direzione di Frontone).

Suggestivo panorama con il profilo del rudere

della chiesa del Montione di Acquaviva

Oppure che ne descrivono i difetti: Acquacanina, in provincia di Macerata (letteralmente "un'acqua da cani") ed Acquanegra, in provincia di Cremona e Mantova (acqua stagnante). A pochi chilometri da Cagli, alle pendici del Monte Acuto (3 km da Buonconsiglio), quale saliente luogo di culto, c'è il santuario della Madonna dell'Acquanera. E poi c'è naturalmente Acqualagna; l'Acqualagna del tartufo e di Enrico Mattei. Acqualagna deriva da "acqua lanea", acqua/macello, a ricordo di un paragrafo scritto a caratteri rosso/sangue della guerra fra i goti di Totila ed i bizantini di Narsete (in proposito senz’altro degno di menzione è il secondo capitolo del libro "Immagine di CAGLI" che il compianto Prof. Carlo Arseni mandò alle stampe nel 1989). Situata alla convergenza dei fiumi Burano e Candigliano, Acqualagna non dista granché da quel Metauro di cui alla epica battaglia. Ma questa è un’altra storia, un’annosa storia fra romani e cartaginesi, di 750 anni prima.

Leone Pantaleoni

venerdì 5 settembre 2008

PAVAROTTI: QUEL CALVARIO PATITO

Ad un anno dalla morte del grande tenore, Leone da Cagli lo ricorda nella maniera che gli è più consona, quella degli enigmisti.

Sabato 6 settembre ricorre il primo anniversario della morte di Luciano Pavarotti. E’ quasi superfluo ricordare il suo legame con la nostra città di adozione che definire stretto, oltre ad essere ben misera cosa, sta innanzitutto agli antipodi di quel largo che in tutto lo esprimeva e non soltanto nella prominente fisicità.
Largo il cuore, larga la voce, largo il talento, larghissima la capacità di essere grande coi grandi e piccolo coi piccoli. Ci sovviene, al riguardo, il suo simpatico legame con la indimenticata e minuta bagnina Derna, che, come ci ha raccontato il figlio Enrico, lui era solito chiamare con affettuosa ironia, “La Dernona”. Da scafati enigmisti, subito dopo la sua scomparsa, a Luciano Pavarotti dedicammo un nostro lavoro e precisamente: “Un calvario patito” che, come qualsiasi anagramma che si rispetti, contiene proprio le sedici lettere del suo nome e cognome opportunamente cambiate di posto, col resto di zero. Sì, amici di big Luciano, anche Pavarotti prese una stecca nella sua vita. Una sola. Ma di legno; forse molto nodosa e comunque la più dolorosa. Si tratta di quella trave orizzontale che i latini chiamavano patibulum da patere, aprire, perché serviva a serrare l’uscio di casa. Quella medesima di cui Gesù, così ci racconta la Sindone di Torino, si gravò le martoriate spalle fino al luogo del teschio. Là, dove già lo attendeva, ben piantato nell’arido terreno, il palo verticale della croce.

Leone Pantaleoni

mercoledì 3 settembre 2008

SETTEMBRE

Settembre andiamo, è tempo di tornare. E' così che bisogna parafrasare il transumante poeta di questi tempi. Lievi capogiri, nervosismo strisciante, calo dell'attenzione, emicrania "va e vieni"; digestione da consegnare alle cure dell'idraulico liquido, naso da consegnare a quelle dell'idraulico solido; e ancora: gola che pizzica, laringe che stuzzica e faringe che mozzica; e, per finire, intermittenti colpettini di tosse e muscoli con doloretti ad erogazione costante. Eccolo qua il campionario di sintomi del cosiddetto stress da rientro. Non fa certo eccezione il pesarese. Specie quello di ritorno dai paradisiaci atolli corallini.
Un'acqua chiara da far impallidire Battisti, per capirci, che già di suo non è che avesse faccia rubizza. Se da Rossini al Mar Rosso il passo non è dei più brevi, figuriamoci quello da Pasqualon all'Isola di Pasqua. Bene o male, fra nord (Parigi), sud (Algeri) ed ovest (Siviglia), il primo, personaggi delle sue opere compresi, un po' globe-trotter lo è stato. Ma il secondo l'unica volta che intraprese un viaggiò rischio di restarci assiderato. Secondo Aldo Pizzagalli, di esotico, Odoardo Giansanti aveva la parlata ("Ecch el Pasqualon bsarés sa un linguagg ch'le mezz francés"). Certo, passare dall'Egitto all'ufficio, ovvero da una celeberrima (el) Karnak all'omonima risma di fogli, formato A4, che quel nome ha nella marca, il passaggio non può dirsi graduale; come invece dovrebbe così da evitare lo stress. Se non siete gente le cui nobili natiche il lavoro incolla al sedile d'un mezzo di trasporto, si tratti di scrivania, di cattedra, banco di scuola o di negozio, assai meno panoramica diventerà da oggi la visuale (riparafrasando il poeta: addio tramonti…). Sì, davvero brutta cosa lo stress. Con quelle sue cinque consonanti che come pellirosse accerchiano l'unica vocale, è una parola inavvicinabile anche per quel manipolatore di termini che è l'enigmista. A parte una nostra crittografia (S, SSS, S) che si risolveva con la frase "S, tre S, S"(stress, per l'appunto). Troppe cinque esse, d'accordo, ma, ripensando alle Schulz Staffein del nazismo, sempre meglio che due.

Leone Pantaleoni

OTTO ANAGRAMI PER OTTO ORI OLIMPICI

D'accordo, le olimpiadi di Pechino sono archiviate e già la polvere comincia ad accumularsi sui loro scaffali. Ma otto anagrammi, dedicati alle nostre otto medaglie d'oro, concedeteceli ancora.

Cominciamo da "Chiara Cainero", 30 anni, tiro a volo (skeet). Il riposizionamento delle 13 lettere del suo nome e cognome dà un esito bifronte, dove bello e meno bello si contrappongono: "eroina racchia". Che sia eroina, è certo. Che sia racchia è invece tutto da dimostrare.

Più sfaccettato (o sfacciato, fate voi), invece, l'anagramma di "Federica Pellegrini", 20 anni, nuoto. Il suo "infelice per le grida" dà da pensare. Le grida dell'allenatore quando nei 400 stile libero, invece di sfrecciare come un motoscafo, annaspava come un pedalò in avaria? Le grida dei mass media per le sue copertine un po' osé e per la sua conclamata rivalità amorosa con la Manaudou? Certo è che di grida manzoniane non si tratta.

Per "Andrea Minguzzi" (26 anni, lotta grecoromana), anagramma "Men ragazzi nudi", si paventa un futuro da copertine patinate; alla Walter Nudo, appunto.

Con il suo "celebre amor mortal", "Roberto Cammarelle" (28 anni, boxe), passa dall'oro all'alloro del vate.

ALEX SCHWAZER
Sax? Che walzer!

Incredibile ma vero, "Sax? Che walzer!", dimostra che c'è un anagramma anche per l'ostico "Alex Schwazer" (nel suo nome e cognome un'acca, una ics, una zeta e una vu doppia!), 23 anni, 50 chilometri di marcia.

L'anagramma "Egli oro? Alt, matta!" sembra dimostrare che "Matteo Tagliarol" (25 anni, scherma) non godesse della massima fiducia di Edipo ma si sa come Edipo, a cominciare dalle sue vicissitudini, non sia mai stato attendibile in quanto a pronostici.

Sarà per la sua specialità, lo judo, che le lettere della venticinquenne "Giulia Quintavalle", debitamente spostate, formano un eloquente "Allentava qui, lì, giù...". Problemi di peso? E cioè di cintura? Oppure cintura come cintura nera o marrone? Mah, ai posteri, i presenti di Londra nel 2012, l'ardua sentenza.

A chiudere il filotto è la mitica spadaccina "Valentina Vezzali".
Il suo anagramma ("Linz? La TV a Venezia!") sembra una disputa fra responsabili televisivi del palinsesto, incerti se collegarsi con la città austriaca o quella italiana per prossime gare internazionali. Di fioretto, s’intende. Intanto che Valentina ha fatto il fioretto di starsene un poco in pace, nella sua amata Iesi.



LEONE PANTALEONI

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01) Crittografia (frase: 7 6)
B S

02) Crittografia (frase: 7 7)
DB HPO

03) Crittografia (frase: 4 2 4)
NOME DELL'AT.ORE BANFI

04) Crittografia (frase: 4 10)
- CATINO -

05) Crittografia (frase: 7 2 5)
- QUI.T. LETTERA .. UN ALFABETO -

06) Crittografia (frase: 5 2 4)
- CH.SSA' -

07) Crittografia (frase: 8 7)
- VR VR VR VR TO -

08) Crittografia (frase: 3 4 4)
- TELEFONATEMI! -

09) Crittografia: (frase: 6 1 2 1 4 2 = 2 4 1 3 6)
D... DI NASCITA

10) Crittografia: (frase: 4 4 2 2 2 = 6 8)
IN QUEL PO.TO

11) Crittografia (frase: 8 2)
SONO RIMASTO LI’

INVITO AI CAGLIESI

INVIATEMI UN COMMENTO COL VOSTRO NOME, VI FARO' L'ANAGRAMMA.

GLI ANAGRAMMI DEI CAGLIESI

chi sono questi ?

(nome: 9, 8) = "PANCETTA CON SFREGI" Piercing mal eseguito?

(nome: 7, 7) = "RE FRA LE DOMANDE" Novello Mike Buongiorno?

(nome: 5, 7) = "CARDAR ALBERI"
Ma non era la lana?

per le soluzioni...