venerdì 31 luglio 2009

HO SCRITTO RAMO SULLA SABBIA

Giochi enigmistici sotto l’ombrellone, ovvero lo scuro dell’ombra s’addice ad Edipo


Se il macabro nero del lutto s’addice ad Elettra, il riposante scuro dell’ombra si confà ad Edipo. I giochi di parole, infatti, assai si prestano all'ombrellone e, sdraiandovisi sotto, ne godono del riparo dal sole. Il più diffuso è quello dove si tracciano sulla sabbia inumidita tanti segmenti quante sono le lettere della parola da indovinare. Parola di cui a volte, per rispetto dei neofiti, se ne evidenzia da subito la lettera iniziale.
Altro gioco tra i più praticati è l’anagramma, vale a dire quello di scrivere ad esempio RAMO e trovare, per riposizionamento delle 4 lettere, altre parole di senso compiuto (nella fattispecie: Roma, mora, orma, Omar, amor, armo e marò).

D'accordo, “ho scritto ramo sulla sabbia” non è come scrivervi t’amo, come ripeteva quella canzone che nell'estate '68 sottrasse all'anonimato Franco I e Franco IV, ma è pur sempre un gradevole strimpellare sulle corde d’un acume intorpidito dall'afa. E così, arenile come lavagna e dito indice come gessetto, di segni possono tracciarsene a iosa e dei più disparati per giunta. E fu così che un giorno, per bocciare il mio pallino dell’enigmistica, la solita cricca di amici, quelli di cui imploriamo Dio che ce ne scampi nei giorni pari onde liberarcene in quelli dispari, mi mise di fronte a due "ci" maiuscole. Due "ci" così ben fatte da potersi confondere con le due metà d'un cerchio. E davvero di queste si trattava. Cosicché la constatazione "semicerchi, non ‘ci’ sono" (nel senso di: quelli che si vedono sono due semicerchi e non due "ci" come sembrano), si rilegge nella soluzione: "Se mi cerchi non ci sono".
Il giorno dopo, il tempo d’allentarmi la cintura dell’orologio da sub e di stringermi il costume, ed ecco l’allegra combriccola mettermi a tu per tu con la scritta: CHI IHC 1+1+1+1+1+1+. Geroglifici? Alfabeto fenicio? Arabo? Scrittura cuneiforme? Macchè! Soltanto l'astrusa esposizione di un proverbio tra i più noti. Ovvero: "Chi per un verso, chi per un altro, ognuno ha la sua croce" (il segno più, in sostanza, è una croce).
Presoci gusto, la comitiva si mise a incalzare e l’eccezione si fece regola il terzo giorno, quando dovetti capire che quella N incisa tra i granelli con tre ficcanti ditate alla Zorro, invece d’un manzoniano rigurgito napoleonico, nascondeva – bom bom bom bom! – la " nona di Beethoven". Eh sì, perché davvero la enne è la nona (e ultima) lettera che compone la parola Beethoven!
Il dì appresso il vezzo si vece vizio e dovetti prendere letteralmente a zuccate l'asta dell’ombrellone per convincermi che la segaligna I che sembrava stilizzarla significava "corrispondente romano dell'Unità". Si dà infatti il caso che nei numeri latini uno si scriva proprio come la "i" maiuscola.
Il quinto giorno, da nociva che era, l'abitudine si fece compulsiva e il gruppo d’assatanati mi scrisse sulla sabbia una lettera A seguita dalla parola VOTA. Dio solo sa quale fervente preghiera dovetti rivolgergli per carpirgli la miracolosa rivelazione che sotto quelle cinque lettere si cela la frase "Una prece devota" (un'A precede VOTA).
Il sesto giorno fu l’apoteosi. Fantozziana, intendo. Dapprima con spremitura di meningi così dolorosa da toccare la dimensione più masochistica che mistica d'apparente estasi. Quindi, allorché provocai il battimani per esser riuscito a discernere che l’IS e MA servitemi sul piatto stavano per "leggerissima piuma" ("legger IS, sì, ma più MA"), con la celeberrima iperbole "92 minuti di applausi" rubata alla corazzata Potemkin.
Ben si comprende, allora, perché il settimo giorno, fuggendo la spiaggia come la peste, mi vidi costretto a riposare. Enigmisticamente, intendo, e non biblicamente.

LEONE PANTALEONI

martedì 28 luglio 2009

QUELLE ENIGMATICHE PUPE DEL BOSS

Enigma alfabetico


Luigi torna dalla vicina sala cinematografica con la coda tra le gambe. Vi ha appena visto la più grande boiata della sua vita: un sedicente film di gangster avente per titolo il suono onomatopeico dello sparo. Sceneggiatura, attori e regia in realtà non ci sono, perché la pellicola è mero pretesto per far sfilare in passerella una serie di ragazzotte senza talento, tutto silicone e niente cervello. Ragion per cui, l’ermetica frase con cui Luigi, con fare sconsolato, anticipa la domanda della moglie (la fortunata è rimasta a casa a leggere un libro) è: “Bang ? Film d’oche!”.


ma attenzione:

“Bang ? Film d’oche!”

è frase di 13 lettere

formata dalle prime 13 lettere del nostro alfabeto.


Leone Pantaleoni

domenica 26 luglio 2009

LEONE DA CAGLI HA FATTO 13

Il suo anagramma della parola Superenalotto ha superato i 117 di Ennio Peres, il giocologo più famoso d’Italia.


Non è la sestina del Superenalotto per Leone Pantaleoni (il Leone da Cagli della “Settimana Enigmistica”) ma è per lo meno un tredici. Si trattava infatti di riposizionare le 13 lettere che compongono la parola “Superenalotto” per ottenere una frase di senso compiuto e il suo rivale nella sfida anagrammatica era nientemeno che Ennio Peres, il giocologo più famoso d’Italia. Professore di matematica e informatica, di venti giorni più giovane (Ennio è nato il 10 dicembre e Leone il 20 novembre del 1945) Peres, da quello di personaggio del Gradara Ludens 1998 al Trofeo ARI (Associazione Rebussistica Italiana), è stato insignito di un numero incalcolabile di premi, almeno per quanti sono i suoi libri di successo.

Ennio Peres, l’enigmista più famoso d’Italia:

il termine giocologo è stato inventato per lui.

Primo concorrente di giochi a quiz televisivi, è massimo esperto di anagrammi e parole crociate. Il cruciverba più difficile del mondo (19x11 caselle), dove ogni definizione più del nozionismo richiede un sottile ragionamento, porta la sua firma.
Bene, di anagrammi della parola “Superenalotto” Peres ne aveva trovati ben 117, dei quali citiamo i soli “sorte opulenta”, “un alto esperto”, “Astro è Plutone”, “L’eterno saputo” e “persone a lutto”.
Leone Pantaleoni, durante una conferenza a tema edipico
avente per ospite d’onore lo scrittore Antonio Faeti.

Ma l’enigmista cagliese, con un sol colpo, ovvero con “un torto palese”, lo ha centrato in mezzo alla fronte. Adesso Leone è contento e la domanda è palese: come dargli torto?

sabato 25 luglio 2009

GIAMPAOLO … PENSA

Giampaolo Pansa e il suo amor di verità avanti a tutto, che lo spinge a prender coscienza di sé, lucidamente, fino ad arpionare lembi di verità che spuntano, impercettibili, da un passato sepolto e insepolto al tempo stesso.
Ecco perché Giampaolo Pansa, sì, ma anche pensa, ponza e pinza. E da ultimo, quel suo eloquente anagramma onomastico che, con “appaga Salomoni”, la dice lunga circa il pregevole valore della sua onestà intellettuale.

Leone Pantaleoni

mercoledì 22 luglio 2009

DALLA TERRA ALLA LUNA DI CAMBIO IN CAMBIO

Enigmistica sotto l’ombrellone per comitive che non fanno la notte in bianco

"Non cambi mai" è così che ripeteva fino all'ossessione Mina ad un Alberto Lupo travolto da cocente passione per lei. E invece è proprio e soltanto cambiare quel che deve farsi in quel baloccarsi enigmistico che, per sostituzione di lettera, saltabecca da una parola all’altra. Fatto salvo il senso compiuto e la imprescindibile condizione che la parola di partenza e quella d’arrivo debbano comporsi dell’identico numero di lettere, ben si comprende che chiamare tale gioco gattopardesco (cambiare tutto per non cambiare nulla), sarebbe stravolgerne la natura fino a capovolgerla. Accade allora che se creare il mondo dal nulla è cosetta che solo il buon Dio può piccarsi di saper fare, per trasferirsi da NULLA a MONDO è sufficiente un comune enigmista e nel modo che segue per giunta: NULLA, Culla, cOlla, Tolla, tolDa, toNda, tondO, MONDO. E se poi l’uomo enigmista indossa lo scafandro (siamo o non siamo nel quarantennale dello storico allunaggio?), come fare per mandarlo sulla LUNA per successione di cambi? Basta passare da UOMO a Comò (gli accenti non fan testo), da comò a coMa, da coma a CUma (la città della Sibilla), da Cuma a cuNa (culla) e quindi da cuna a LUNA. Pensate, con l’inframmezzo di quattro paroline si è compiuta un'operazione che da Leonardo da Vinci e Wernher von Braun ha richiesto mezzo millennio di progresso scientifico.

Adattabile a qualsivoglia realtà geografica, il gioco, in barba a traffico e lavori in corso, ci fa passare da Pesaro a Rimini con la graduale sequenza: PESARO, pesaNo, pIsano, pisanI, Risani (voce del verbo risanare), riMani, RIMINI. Cinque passaggi per colmare una distanza di 36 chilometri. E se tutte le strade portano a Roma, ne occorrono 8 di stadi intermedi per coprire i 289 chilometri che separano la città del Pantheon da quella della sola dea Fortuna. E cioè: FANO, Mano, manI, Cani, cOni, Toni, toMi, Domi (domati), domA (domata) e ROMA. Infine, per la ostentata serie “i duri cominciano a giocare quando il gioco si fa duro”, si può rendere la cosa più ostica (ma in realtà si tratta della sua forma enigmistica ortodossa) escludendo tutte quante le flessioni verbali ad eccezione dell'infinito e del participio. E – avanti signori! – c’è posto anche per i nomi propri, cosicché, Benedetta, Chiara, Loris, Matteo o Francesco, il divertente esercizio si dimostra molto adatto per compagnie che si ritrovano sotto l'ombrellone in vena di ludici trastulli. A patto però che tali comitive cambino. Le nottambule abitudini tutte e subito, intendiamo, e non vocali e consonanti di volta in volta.
Leone Pantaleoni

lunedì 20 luglio 2009

TONINO E BEPPE,

L'enigmistica lo ha battezzato antipodo dai termini greci antì, diversamente, e pùs, piede. Si prende una parola, si tien ferma la sua lettera iniziale e si rovescia come un guanto tutta quanta la parte restante. Esempi: Toppa-Tappo e Battello-Bolletta. Essendo che toppa è parola diversa da tappo, così come battello lo è da bolletta, l'antipodo prende il nome di Bifronte. Può però accadere che dopo un simile artifizio la parola resti com'è. Come nel caso di nonno, sotto, bici, data e via enigmasticando. In tal caso l'antipodo si marchia di sangue blu e assume la qualifica di Diretto. Della nobile famiglia esso è il primogenito e di quella degli enigmisti il più appetito perchè il più raro.

Tal popò d’assunto serve a far toccare con mano una curiosità che lega Edipo alla Polis intesa come politica. Nel Partito Democratico che da oni-Veltroni è passato a ini-Franceschini, un tal Di Pietro e un tal Grillo hanno entrambi due appellativi che oltre ad essere nomignoli sono anche antipodi diretti. Tenuta ferma la "T" iniziale e girata la "onino" restante di 180 gradi, sempre "Tonino" si legge. E così dicasi per Beppe.

Tenuta ferma la “t” e rivoltato “onino” come un guanto,

sempre di Tonino si tratta.



Tenuta ferma la “b” e rivoltato “eppe” come un guanto,
sempre di Beppe si tratta.
A questo punto, a frugare nel polveroso baule comunista doc, ex e post, e a partire da quel Lenin che diventa Ninel (nome di due stimate gemelle, di sinistra, ca va sans dire, proprio nella Cagli dove sono nato), qualche antipodo si riesce a raccattarlo. Diretto nel caso di Natta, Alessandro Natta, e bifronte nel caso di Letta (latte), Enrico Letta. Attori, giornalisti, scrittori, cantanti e umanità la più varia, abbocca qualche pesciolino in più nel Circo dei simpatizzanti. E che sia Circo Rosso, dacché rosso è antipodo, a questo punto non deve sorprendere. Carrà (Raffaella), Gigi (Proietti) e Tana (de Zulueta) per i diretti. Rame (rema), Fo (of) e Bocca (Bacco) per i bifronti. Tra i quali bifronti, mutando in "i" la "y", entra in campo anche il Rosi (riso) della Bindi. Per traslitterazione di Illy in illi invece, amaro o zuccherato che sia il caffé, visto che tutta quanta la parola si legge allo stesso modo in ambo i sensi, non si tratta più di antipodo ma di palindromo. Proprio come per il nome Anna della Finocchiaro. Ma sulle rappresentanti del gentil sesso è meglio stendere un pietoso velo (velo, bifronte di volé). Anche perché, l'unico proverbio basato su antipodo che ci sovviene è proprio "Chi dice donna, dice danno".

LEONE PANTALEONI

domenica 19 luglio 2009

REBUS DEDICATO ALLA SUA CITTA’

Dopo la Urbino di Raffaello, Pantaleoni lancia una nuova sfida ai nostri enigmisti

Dopo il rebus per la mostra urbinate di Raffaello, con un analogo gioco stavolta dedicato alla sua città natale che il 9 maggio scorso gli ha conferito l’attestato di Civica Benemerenza, Leone Pantaleoni, il “Leone da Cagli”della “Settimana Enigmistica”, lancia una nuova sfida ai solutori della nostra provincia (vedi immagine).


La frase risultante è composta di tre parole, di sei, una e dieci lettere.
Le soluzioni dovranno pervenire entro il 13 agosto per posta cartacea (via Battelli, 19-61100 Pesaro) o elettronica (lpanta@alice.it). Premi in palio, libri enigmistici dell’autore, primo fra tutti “Pantantirebus”.
soluzione:
C U M U lodanti Cagli E = cumulo d'anticaglie

venerdì 17 luglio 2009

I VERI AMICI SI RICONOSCONO DI VENERDI' 17

Se gli amici si riconoscono nella sfortuna, allora approfittatene oggi per cercarne. Oggi che è venerdì 17. Altrimenti dovrete attendere il settembre dell'anno che verrà, o, in seconda battuta, il dicembre. Del resto, se la Smorfia napoletana traduce il 17 con " 'a disgrazia ", un motivo deve pur esserci. Tra le più accreditate interpretazioni nefaste, a cominciare dalla sua traduzione latina XVII che riposiziona le lettere di VIXI, e cioè vissi e dunque sono morto, se ne aggiungono altre più curiose e, insomma, cervellotiche; quale ad esempio quella che fa notare come, moltiplicato per 7, altro numero pieno di simbolismi, il 17 dia 119. E sarà bene ricordare ai distratti che 119 si legge anche 11.9, ossia l'infausto 11 settembre dell'attentato alle torri gemelle. Nel mondo dell'arte, il 17 luglio 1497 passava a miglior vita il fiorentino Benedetto Ghirlandaio, e, 503 anni dopo, il suo antenato Aligi Sassu.
il pittore e scultore milanese Aligi Sassu,
nato e morto di 17 luglio.
Antenato e anche nato, perchè, sempre di 17 luglio, Sassu s'era piccato di venire al mondo. Intanto, indetta dal Comitato Italiano per il Controllo della Affermazioni sul Paranormale, in alcune città italiane esordirà in data odierna la Giornata contro la Superstizione. Alla facciaccia della quale si passerà sotto una scala aperta, si getterà del sale in terra, si frantumerà uno specchio, si ridurrà in mille pezzi una lettera della catena di Sant'Antonio e si aprirà un ombrello in ambiente chiuso. Non ci risulta, invece, che saranno spopolati i gattili di gatti neri da portare sui marciapiedi per possibili attraversamenti della strada. E' attribuito a Umberto Eco l'aforisma "Essere superstiziosi porta male", ma, prima di lui, lo coniò il prestigiatore americano Raymond Smullyan. Non se la prenda, il professore. Succede anche nei migliori salotti. E si consoli al pensiero che Smullyan, matematico, filosofo e saggista, non era un mago qualunque come il Casanova di Striscia la Notizia.

LEONE PANTALEONI

mercoledì 15 luglio 2009

DAL VANGELO SECONDO MARCO (PANNELLA)


Ingrossandosi giorno dopo giorno come massa gelatinosa che senza sosta si rigenera, la deriva anticlericale sta sempre più allontanando Pannella dai suoi residui barlumi di ragione. In balia crescente delle sue elucubrazioni, egli è ormai una sorta di “grullo sparlante”, perennemente condannato a ringoiare quanto ha appena rigettato. Davvero crede Pannella che la Chiesa, dietro il ricatto dell’inferno, sia soltanto un luogo di tenebra oscurantista assetata di potere? E da lì – di grazia e tanto per citare - sarebbe mai potuto uscire un gigante (gigante soprattutto nella sofferenza) come Giovanni Paolo II? Povero digiunatore a giorni alterni, che a giorni alterni si fa maestro e discepolo di se stesso e che vorrebbe far passare per apocrifo il vangelo di San Marco e per canonico quello di Marco (Pannella). Che s’imbratta del flusso ormai incontrollato dei suoi sragionamenti, convinto com’è che libertinaggio e libertinismo siano libertà. Al di sotto di tutto, coscienze e incoscienze, bene e male e soprattutto bimillenario magistero della Chiesa, è davvero a tale falso profeta che ciascuno di noi dovrà rivolgere le proprie domande esistenziali?
Leone Pantaleoni

ECO ENIGMISTICA SU ECO

In nome della rosa, anzi della cosa, una cosa che si chiama Sfinge ed è emblema dell'enigmistica, permetteteci un'eco su Eco. L'Umberto Eco ospite d'onore alle feste medioevali di Montecrignone. Non foss'altro perché il professore, in un Gradara Ludens di qualche annetto fa, ebbe a cimentarsi con Roberto Benigni per la risoluzione di un rebus antologico di Leone da Cagli (il sottoscritto), vincitore del concorso autori della Settimana Enigmistica.
il rebus di “Leone da Cagli”
che ha fatto scervellare in un’epica sfida
Roberto Benigni ed Umberto Eco.

L'amore di Eco per la scienza edipica non sorprende. Si sa che un semiologo, con le parole, ci gioca per professione. Figurarsi poi uno che è anche saggista e scrittore. Prolifico autore, anche di enigmi e giochi di parole, una delle sue creazioni più curiose è quella di rovesciare come un guanto l'incipit di opere letterarie immortali, prima fra tutte la Divina Commedia.


Sentite come stravolge, capovolgendolo appunto, quel "nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita":

"Al margin del ristar di vostra morte mi persi in un deserto illuminato, ritrovando le piazze più distorte".


E ancora, "Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!" diventa "Hip hip come a tacer sono consolato di questa piana mite e assai civile di cui parlar mi fa rassicurato!".


Gioco pesante, come si vede, quello dei rovesciamenti poetici. Anche se i duri cominciano a giocare quando il gioco si fa duro. Come nel caso dello scrittore Sebastiano Vassalli che, tanto per passare da Dante a Carducci, quel "t'amo, pio bove" lo traduce nell'avversativa "t'odio, empia vacca". Dove, quel "vacca" non è soltanto l'opposto di bue ma uno dei peggiori insulti che possano essere rivolti ad una donna.


Tornando ad Eco, nel canto di Paolo e Francesca egli riscrive "Noi leggevamo un giorno per diletto di Lancillotto come amor lo strinse; soli eravamo e senza alcun sospetto" nel modo che segue: "Analfabeti, a sera, per dolore, non sapevam dell'odio di Rolando. C'era una folla, piena di rancore".


Non pochi cultori dell'anagramma si sono dilettati a riposizionare le lettere di Umberto Eco. Della lunga serie ci piace evidenziare i non edificanti "rubo come te!" e "è come Bruto".


Sul "turbo, e come!", invece, ci vien da chiedere se, sotto sotto, quella minacciosa frase non sia invece il traslato dello slogan riferito a Valentino Rossi.


Leone Pantaleoni

lunedì 13 luglio 2009

L'ENIGMISTA ARRUFFATITOLI E AMMAZZA PROVERBI

Ma quale divertimento a giocare con le parole! E magari rifare il verso sia a titoli di film celebri che a motti consolidati nel tempo! Basta manipolare qualche lettera e lo sgambetto è fatto.
Gli esempi? Eccoveli:
Il dottor divago (Dica trentatré ... trentini entrano in Trento tutti e trentatré trotterellando)
Un pesce di nome Wanna (Siamo i campioni della truffa: d’accordooo?)
Ecce Rombo (Valentino Rossi)
Loro, di Napoli (Eduardo, Titina e Peppino De Filippo)
Metti una pera a cena (Pinocchio muore di fame e Geppetto fa quel che può)
La dolce Evita (dolce sì, però c'è un ... Peron)
C'era una volta il rest (poi venne la mancia)
A qualcuno piace Aldo (ma anche Giovanni e Giacomo)
E ancora:
Mamma zia! (utero in affitto)
E svenne un uomo (la vecchia decrepita sta seduta. A gambe larghe)
Totò a dolori (sculacciate, va bene, ma non esageriamo!)
E.T.(CI') (salute!)
La minestra sul cortile (raffreddare un corno! Te l'avevo detto di non appoggiare il piatto sul davanzale!)
L'uovo che sapeva troppo (approfittare per chiedergli se è nato prima o dopo della gallina)
Un americano a vagigi (Jimmy Carter, dalle noccioline alla Casa Bianca)
Erre stellari (quelle che mancano ad Acquaio, Aiete, Canco...)
E veniamo ai proverbi, a cominciare da
L'apparenza in gonna (la sottana sopra il ginocchio che rese celebre Mary Quant)
la mattina ha loro in bocca (i cattivi sapori)
Il buon giorno si vede dal mastino (consegne postali in villa, alla buonora)
La paura Fano vanta (festival-horror di successo nella cittadina adriatica)
Ridi, ridi, la mamma ha fatto gl'occhi (blefaroplastica)
Tettar non nuoce (allattamento)
S'ignori si nasce (natalità zero)
Tutte le strade portano aroma (deiezioni canine)
Tutto il mondo è palese (meteorologia satellitare)
Chi dice donna, dice d'anno (calendari sexy)
Vedi Napoli e poi i Maori (prima le nostre bellezze e soltanto dopo quelle esotiche)
Chi s'accontenta ode (il San Remo del dopo anni d'oro)
Cosa fatta cappio ha (con Tex Willer il "wanted" mai la scampa).
Chi dice donna, dice d’anno
In Umana cosa è errare (non faceva che ripeterlo Ulisse nei suoi viaggi)
l'enigmista gioca col bisenso (errare nel senso di trasferirsi da luogo a luogo)
mentre fa leva nell'ambivalenza in "La verità vien sempre a palla" (i chiassosi dibattiti biscardiani sulla moviola) "A palla", infatti, indica sia l'alto volume della voce del televisore, che il mondo del calcio.
Infine, in "Tanto intonò che Piave" che fa il verso a "tanto tuonò che piovve", ci si trastulla con la consonanza fonetica.

Leone Pantaleoni

sabato 11 luglio 2009

ATTENTI ALL'UFO

Acronimo di Unidentified Flyng Object, oggetto volante non identificato (ma anche unknow e cioè sconosciuto) che in italiano si traduce in OVNI, non c'è bisogno di scrutare i cieli per trovare gli Ufo.
Basta sfogliare il vocabolario dove, tra gli altri, si trovano lemmi quali gufo, tufo, martufo (babbione, mestolone) e tartufo (anche nel senso di ipocrita). In un menu può trovarsi addirittura Partufo che è un tipo di pizza contenente mozzarella, patate e tartufo. Nella enciclopedia ci si può imbattere in Cartufo (un compositore di nome Giuseppe).
Per non dire poi della espressione "a ufo" che significa a sbafo. Da non confondere con gratis, essa deriva dalla espressione latina "ad usum fabricae" (destinato all'utilizzo nella fabbrica).
Oppure, per trovare "ufo", è sufficiente leggere qua e là, fino ad andare a cozzare contro i verbi gufo e gufò, stufo e stufò, grufolo e grufolò.
Tra gli antesignani dei teleinvasivi cartoni giapponesi, campeggia ancora quell'Ufo-Robot (Goldrake), la cui orecchiabile reiterazione musicale della sigla risuona ancora nelle orecchie di molti ex bambini.
Da ultimo, se consideriamo "ufo" elemento d'incastro, gli esempi montano a neve, come nel caso di “più forte”, “tu fosti” o “blu fosforo”.
Nella frase "Franca Rame più Fo", c'è da considerare che Fo ha scritto sì "Mistero buffo" ma non "Mistero b...ufo".


Leone Pantaleoni

mercoledì 8 luglio 2009

IL CALCIO SUI MACCHERONI

STORIE QUOTIDIANE. I PERSONAGGI CHE NON CONOSCETE: GIANCARLO SERAFINI (12)

Sessantadue anni compiuti a febbraio e assai più chili accumulati nel crescerli, è stato anche per questo "uomo di peso" della Coldiretti. Dal patronato al sindacato, fino alla segreteria di zona, Giancarlo Serafini è però da sempre direttore d'azienda agricola. Lo chiamano "El fator del lavador" semplicemente perché risiede a due passi dal lavatoio di Santa Veneranda.

Il fattore Giancarlo Serafini

davanti a un’allusiva insegna di ristorante.

Cuore grande almeno quanto lui, figlio di coltivatori diretti, nella galassia degli affetti, ha un fratello maggiore, due stelle di nipoti ed un numero astronomico di amici. La mamma, oggi scomparsa, gli faceva delle tagliatelle con interiora di pollo da oscurare quelle della popolare nonna di cui alla Prova del Cuoco, ma a lei la chiamavano Pina anche prima che fosse inventata la canzoncina dello Zecchino d'Oro. "Quando ci si recava in periferia" dice riferendosi ai lunghi anni di militanza nella Coldiretti "che fossero Tavoleto, Auditore, Montecalvo, Tavullia o Gabicce, si stava via tutto il giorno. Assegni familiari o pensioni, malattia o infortuni, oppure possibilità d’accesso a contributi statali, i moduli si accavallavano ai moduli e il verbo compilare era impossibile a coniugarsi per gente che conosceva parole come braccia e sudore ma non penna e inchiostro. Scarpe grosse e cervello fino, non era mai gente stupida però. Per la scarsa disponibilità di denaro, non pochi pagavano in natura: uova, galline, vino, olio e formaggi. Curioso constatare come, sempre e puntualmente, i Comuni più poveri si mostravano i più ricchi d'animo e dunque i più generosi. “Una volta” prosegue “comperai un agnellino vivo a Miratoio dove si era tenuta una riunione per giovani mezzadri. Rientrati io e Gianni Ferri dalla trasferta a sera inoltrata, scesi che fummo dalla macchina in Piazza del Popolo, l'animale ci scappò di mano. Davvero una scena degna di Amarcord, con noi due a correr dietro alla bestiola belante che ci portava in giro, in tutti i sensi, attorno alla fontana”. Estemporaneo creatore di slogan da megafono tra compagni di corteo nelle urlate rivendicazioni sindacali; cantastorie e giullare nelle vocianti festicciole tra camerati di piatto e di bicchiere, non è possibile sorvolare in Serafini l'elemento calcio; in un crescendo rossiniano che dal Candelara giunge alla Juventus passando per la Vis. Del Candelara, da sempre presidente il grande Gualtiero Giavoli, Giancarlo è stato dirigente per trent’anni, fino al sacrificio della sua persona. Anzi, di parte di essa, trattandosi delle debordanti e perciò onorevoli chiappe. “A Piandimeleto, in un parapiglia del dopo partita” confessa bellamente “buscai una zampata nel cudiron (didietro) che ancora mi fa male”. Inventore d’una goliardica e carnascialesca ‘Federmaiali’ con adepti muniti di tanto di tessera, una volta ammazzato il suino, di soci Giancarlo è solito radunarne fino al numero di sessanta. E siccome del maiale non si butta niente, in una pantagruelica tavolata, dall’osso del grugno al codino, con le altre 59, lo dà in pasto alle sue voraci mandibole. Cosicché, fame viscerale almeno quanto la passione sportiva, che siano i grufolanti quadrupedi di babbo Renato o le fumanti tagliatelle di mamma Pina, definire il fattore Serafini "il calcio sui maccheroni" è fattore determinante.

Leone Pantaleoni

OGGI E' L'8 LUGLIO, UN NUMERACCIO, A QUANTO PARE

Oggi è l'8 luglio che, detto in cifre, fa 87.
In pratica si tratta di una coppia aritmetica contigua che la sedicente scienza dei numeri accosta alla passione violenta e ardente. Cosicché, se si scende ancora di scalino in scalino, si ottiene un 8-7-65 che ci fa chiedere se proprio in quel giorno Lucio Anneo Seneca, ormai ardente e passionale nemico di Nerone, per ordine di Nerone "fu suicidato" assieme a Lucano e Petronio.
E così "menagramando", l'87 è il numero dell'abbandono inteso come perdita affettiva o amorosa. Padre o madre, figlio o figlia, fratello o sorella, fidanzato o fidanzata, fa lo stesso. Purché il comandamento sia: crescete e dividetevi.
E siccome le disgrazie sempre s'industriano a non venire da sole, l'87 significa anche perdita del lavoro. Che, di questi tempi, è proprio come mettere il cotto sopra il bollito.
Né meglio vanno le cose con la Smorfia, dove l'87 sono "'e perucchie", alias i pidocchi; e, se di Smorfia Napoletana si tratta, il carcere.
Riposizionando le lettere di "otto luglio" si ottiene la frase: "O tu, toglilo!". Un anagramma che la dice lunga sul temibile potere jettatorio del per niente sottinteso 87 che, a pronunciarlo, sembra voler dire: ho tanta sete.
Tra papi e Papini, un 8 luglio di qualche annetto fa son passati a miglior vita Eugenio III, Gregorio XV e lo scrittore fiorentino. Un 8 luglio trapassò anche Francesco Casanova, fratello di un tal Giacomo la cui vita faceva a cazzotti con la castità.
A proposito di cazzotti, curioso che l'8 luglio 1889 si disputò l'ultimo incontro di boxe a mani nude, dove, udite udite, John Sullivan ebbe ragione di Jake Kilrain dopo 75 round! Sì, sì, avete letto bene, proprio 75. Un numero che da 87 dista soltanto una dozzina di unità.
LEONE PANTALEONI

martedì 7 luglio 2009

NOTTI


Dall’8 giugno all’8 luglio ‘90 erano magiche aspettando il gol.

Per 110 km di riviera adriatica emiliano romagnola si dipingono di rosa.

A Pesaro e un po’ dappertutto in Italia, sono invece bianche.

Per coloro che soffrono d’insonnia sono in bianco.

E ancora, per Fitzgerald era tenera, per Antonioni era sinonimo di incomunicabilità, per Neil Sedaka era fatta per amare, soffrire e ricordare chi non c’è.

Inoltre, per la consegna degli Oscar è il momento dell’epifania, e in proposito, per la befana, è l’ora in cui essa viene, con le scarpe tutte rotte.

Per la Germania fu dei lunghi coltelli (l’epurazione nazista delle S.A. e degli oppositori di Hitler).

Per il regista Romero fu dei morti viventi e usò la pala per scavare le fosse come una clava per menare a destra e a manca contro la libera circolazione delle armi e il razzismo.

Per l’enigmista è sia l’anagramma di netto, di tonte e della voce verbale tento, che una serie di cambi d’iniziale che vanno dal bisenso botte (recipiente e percosse) al bisenso rotte (spezzate e tragitti designati).

E, per concludere, dove li mettiamo i notturni di Chopin e la famosa frase “Ha dda passà ‘a nuttata” di Eduardo?

Come si vede, notti al plurale o notte al singolare, sembra che il prodotto non cambi. E invece, hai voglia cambia!

Leone Pantaleoni

.

01) Crittografia (frase: 7 6)
B S

02) Crittografia (frase: 7 7)
DB HPO

03) Crittografia (frase: 4 2 4)
NOME DELL'AT.ORE BANFI

04) Crittografia (frase: 4 10)
- CATINO -

05) Crittografia (frase: 7 2 5)
- QUI.T. LETTERA .. UN ALFABETO -

06) Crittografia (frase: 5 2 4)
- CH.SSA' -

07) Crittografia (frase: 8 7)
- VR VR VR VR TO -

08) Crittografia (frase: 3 4 4)
- TELEFONATEMI! -

09) Crittografia: (frase: 6 1 2 1 4 2 = 2 4 1 3 6)
D... DI NASCITA

10) Crittografia: (frase: 4 4 2 2 2 = 6 8)
IN QUEL PO.TO

11) Crittografia (frase: 8 2)
SONO RIMASTO LI’

INVITO AI CAGLIESI

INVIATEMI UN COMMENTO COL VOSTRO NOME, VI FARO' L'ANAGRAMMA.

GLI ANAGRAMMI DEI CAGLIESI

chi sono questi ?

(nome: 9, 8) = "PANCETTA CON SFREGI" Piercing mal eseguito?

(nome: 7, 7) = "RE FRA LE DOMANDE" Novello Mike Buongiorno?

(nome: 5, 7) = "CARDAR ALBERI"
Ma non era la lana?

per le soluzioni...