Quasi sempre complice il presupposto ideologico, sembra proprio che la dibattuta questione della presenza del crocifisso in luogo pubblico non riesca a liberarsi dei lacci e lacciuoli dell'equivoco. Si ritiene infatti, anche laddove si contesta con la più rispettosa e rispettabile onestà intellettuale, che tale presenza abbia valenza di affermazione e, quindi, di consequenziale contrapposizione. Affermazione e contrapposizione che son fatte letteralmente coincidere con un costume d'uso tra gli animali, quando essi sono soliti marcare il territorio per mandare un chiaro messaggio di ostilità a chi fosse sfiorato dall'idea di contenderglielo. E invece niente di tutto ciò. La presenza del crocifisso in luogo pubblico non è affermazione-contrapposizione, ma semplicemente annuncio. Vale a dire che tra i capitoli della nostra storia, a un certo punto, si è introdotto un Dio che, facendosi Uomo, ha accettato la morte pur di liberarci dal male.
Dice il Vangelo di Giovanni: "Ciò che abbiamo udito, ciò che noi abbiamo visto, ciò che abbiamo contemplato, ciò che le nostre mani hanno toccato, e cioè il Verbo della vita, noi lo annunciamo anche a voi perché anche voi siate in comunione con noi". Di tutto ciò se ne può rimanere colpiti oppure sorriderne. Ma è da vittime d’una idea errata pretendere che tale notizia debba relegarsi ai soli luoghi deputati, pena l'infrazione civile. La notizia che c'è chi ci ama fino alla follia della croce è un’atomica che esplode. Come farla deflagrare nel chiuso d’una stanza?
Leone Pantaleoni