"Funghi e imbrogli sono uguali, i più belli son mortali", è così che ci viene ammannita (e non amanita, per carità!) una perla di saggezza tra le più subdole, perché tossica e appetitosa al tempo stesso. Porcini, manine, sanguinelli, trifole, spinarelli, spignoli (del Monte Catria), ovuli, gallinacci e chi più ne ha più ne colga. Tutto ebbe inizio qualche annetto fa (sull'ordine dei cinquecento milioni, per intenderci), quando il mare era una sorta di liquido amniotico contenente la vita. Ma anche la trascurata terraferma aveva da dire la sua. In essa si stavano diffondendo i funghi, i quali, estraendo i minerali dal suolo, li fornivano alle piante (mai una che, scocciata, esclamasse: piantala!) altrimenti impossibilitate a servirsene. Qui da noi la parola funghi ci conduce dovunque (Apecchio, Piobbico, Sant’Angelo in Vado, Pergola, Urbania, Frontone, Casteldelci, Novafetria e Sant’Agata Feltria) ma innanzitutto a San Sisto di Piandimeleto che ne ha appena archiviato l'annuale sagra. Simbolo di vita per ovvie ragioni che rimandano alla parola fallo ed alle sue sembianze, il fungo, come bomba atomica tragicamente ammonisce, può anche essere simulacro di morte. Se togliamo la parola effe da fungo non resta che ungo. E la voce del verbo ungere ci riporta in cucina, dove tali frutti emanano il loro squisito sapore. Se invece, sempre dalla parola fungo, sostituiamo la "n" con la "g", otteniamo fuggo. E la voce del verbo fuggire ci riconduce ad un pericolo incombente da schivare. Analogamente, di baratto in baratto, si può passare a lungo, mungo e pungo (la "l", la “m” e la “p” per la "f") e quindi a fango e fingo (la "a" e la "i" per la "u"). Sugli stati allucinogeni provocati da alcuni funghi ci sarebbe da intrattenersi fino ad ubriacarsene. Ragion per cui, se una di queste mattine, mettiamo all'ora di colazione, doveste trovare il vostro coniuge accovacciato nel pavimento della cucina nella più classica posizione yoga, prima di chiamare la neurodeliri, accertatevi che a cena non abbia mangiato funghi di dubbia provenienza. Se invece, sempre dello yoga, fosse intento ad eseguire il movimento di cavalcare il cammello, aspettate che suoni alla porta quel simpatico e svolazzante marocchino che ogni benedetto giorno vuol vendervi i suoi non volanti tappeti. E consegnateglielo perché lo cavalchi.
Leone Pantaleoni
Leone Pantaleoni
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