Reo d'aver scagliato un tavolo d'osteria contro un gruppo di giovani pionieri comunisti che lo irridevano al suo passaggio in bicicletta, Don Camillo viene sollevato da parroco di Brescello e confinato in un quasi disabitato paesino sperduto tra le nuvole. Egli si trova così privato di tutto e, primo fra tutti, del crocifisso.
Quello stesso che è solito dialogare con lui al costo d’esser capovolto, faccia al muro, quando il nostro ineffabile eroe sta per combinarne una delle sue. Due sono allora le frasi di Don Camillo che commuovono della incolmabile assenza. La prima è laddove egli dice: “Sì, lo so, Signore, Voi siete in terra, in Cielo e in ogni luogo, ma io voglio portarvi lassù perché senza di Voi mi sento perduto”. E la seconda è quando, sotto una pioggia torrenziale e lo sguardo esterrefatto di Peppone, trasportando a spalla il pesante fardello su per la ripida salita che conduce a Montenara, egli esclama:”Grazie Signore, io ora odo la Vostra voce e tutto è bello quassù”. E’ la prosa di Giovannino Guareschi che si fa poesia nel rammentarci come la bellezza del crocifisso parli al cuore dell’uomo. Un crocifisso dinnanzi al quale anche il sanguigno e trinariciuto Peppone s’inginocchia con rispetto.
Leone Pantaleoni
Nessun commento:
Posta un commento