Trasferendole dal pentagramma al ... Pantagramma, si può davvero giocare con le note.
Fabbricandovi parole e frasi, ad esempio; e magari cominciando dalle dosi (do-si), sempre calibrate, del farmacista, fino alle fasi (fa-si), sempre periodiche, della luna. Per poi proseguire con soldo, sire e mire (dell'arrivista), e quindi con redo (puledro e non soltanto) e mila (migliaia), fino a tirare i remi (re-mi) in barca sul Tamigi col Remi trovatello di Malot. Il tutto, senza dimenticarsi del celeberrimo Doré e delle sue divine (da Divina Commedia) illustrazioni. Per la tipica coniugabilità dei verbi, negli esempi delle due note la fa senz'altro da padrone fare (fa-re). Che, nel caso del noto saggio: - Chi vuol? Fa! - e - Chi non vuole? Fa fare! -, porta alle quattro note di fa e fa fa-re. A questo punto è proprio per non passar da fesso che si ricorda come altrettante se ne contino in "La mi si fa". Si giunge addirittura a cinque note nella soffocante e sudaticcia presa d'atto ferragostana "Sì, fa sol l'afa!"; dove "la" è nota che non si ... nota perché spezzata dall'apostrofo (si-fa-sol-l’a-fa). Ad ennesima riconferma che i quattrini van da Paperone e non da Paperino, cinque note ci sono anche in "Soldo fa soldo". Ci pensa allora Cupido ad ingrossare la sua faretra, caricandola di sette dardi. Si pensi, infatti, ad un timido innamorato che, rotti gl'indugi, finalmente si dichiara.
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