Sempre attuale e scottante la crisi della scuola dove i previlegi della pratica han inteso scalzare i diritti della conoscenza
In relazione al dibattuto tema “crisi della scuola” c'è una chiosa che non sappiamo esimerci adesso dal fare.
Ovvero quel neo che è la concezione della scuola come impresa; dimenticando cioè che la sua vocazione è e sarà sempre quella di trasmettere conoscenza e non di erogare prodotti o servizi. I tir trasportano merce e non cultura e non è compito dei docenti il mettersi alla loro guida. Ecco perché, scalzati dalla sopravvalutazione dei metodi, i basilari concetti sono stati di fatto accantonati. Parlando sull’educazione dei giovani, la filosofa e storica tedesca Hanna Arendt denunciava come le riforme dei sistemi scolastici, per amore di certe teorie, buone o cattive che fossero, mettessero in disparte ogni regola di sano giudizio umano. Influenzata dalla moderna psicologia e dai dogmi del cosiddetto pragmatismo, la pedagogia, da un canto sopravvalutando le capacità dell’uomo e dall’altro dimenticandone i valori autentici, ha finito col diventare una scienza dell'insegnamento in genere; fino a rendersi del tutto indipendente dalla materia insegnata. E' quel peccato di presunzione che si traduce nel taglio netto col passato; è quel segare il ramo su cui si sta a cavalcioni. E' la illusoria convinzione che si può conoscere o comprendere soltanto ciò che si è fatto da sé. E' l'impossibile baratto della conoscenza con la pratica. E' l'attribuire al fare anche quel che spetta al solo imparare. E' inculcare una tecnica piuttosto che insegnare una conoscenza. E', insomma, il disastro educativo. Ragion per cui, se Cartesio, come Costantino – il tronista di Maria De Filippi, cosa credevate ? - , era un fisico bestiale, ad essere gustative saranno le pupille e non le papille; ad esser dipinti sui muri saranno i rinfreschi e non gli affreschi; ad essere spezzata, invece della lancia, sarà un'arancia; ad essere felice e non fenice sarà l'araba e ad essere ginecologico sarà un albero non più genealogico. E così via "sfondonando". Significa allora che sull'argomento non ci resta che piangere. Anzi, stendere un velo … peloso. E magari anche berci su un amaro … micidiale Giuliani.
Ovvero quel neo che è la concezione della scuola come impresa; dimenticando cioè che la sua vocazione è e sarà sempre quella di trasmettere conoscenza e non di erogare prodotti o servizi. I tir trasportano merce e non cultura e non è compito dei docenti il mettersi alla loro guida. Ecco perché, scalzati dalla sopravvalutazione dei metodi, i basilari concetti sono stati di fatto accantonati. Parlando sull’educazione dei giovani, la filosofa e storica tedesca Hanna Arendt denunciava come le riforme dei sistemi scolastici, per amore di certe teorie, buone o cattive che fossero, mettessero in disparte ogni regola di sano giudizio umano. Influenzata dalla moderna psicologia e dai dogmi del cosiddetto pragmatismo, la pedagogia, da un canto sopravvalutando le capacità dell’uomo e dall’altro dimenticandone i valori autentici, ha finito col diventare una scienza dell'insegnamento in genere; fino a rendersi del tutto indipendente dalla materia insegnata. E' quel peccato di presunzione che si traduce nel taglio netto col passato; è quel segare il ramo su cui si sta a cavalcioni. E' la illusoria convinzione che si può conoscere o comprendere soltanto ciò che si è fatto da sé. E' l'impossibile baratto della conoscenza con la pratica. E' l'attribuire al fare anche quel che spetta al solo imparare. E' inculcare una tecnica piuttosto che insegnare una conoscenza. E', insomma, il disastro educativo. Ragion per cui, se Cartesio, come Costantino – il tronista di Maria De Filippi, cosa credevate ? - , era un fisico bestiale, ad essere gustative saranno le pupille e non le papille; ad esser dipinti sui muri saranno i rinfreschi e non gli affreschi; ad essere spezzata, invece della lancia, sarà un'arancia; ad essere felice e non fenice sarà l'araba e ad essere ginecologico sarà un albero non più genealogico. E così via "sfondonando". Significa allora che sull'argomento non ci resta che piangere. Anzi, stendere un velo … peloso. E magari anche berci su un amaro … micidiale Giuliani.
Leone Pantaleoni
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