Fa Athos di nome, come il moschettiere dai raffinati modi ma l'impugnatura della sua spada è un volgare manubrio. In quanto a cavalcare cavalca, anche se per sella ha un sellino e per quadrupede un bicicilo. E’ il barbiere che sta a via Cavallotti almeno quanto Figaro a Siviglia. Sempre tirato a lucido come una faccia appena sbarbata, il suo negozio si trova proprio dove il traffico giunto da viale Cialdini e da via Decio Raggi riparte a spron battuto dopo la curva.
La passione per la bici gli è stata trasmessa da un cliente. Correva - mai verbo fu più intonato - l’anno 1984, quando al Festival di Pesaro esordisce il Viaggio a Reims di quel suo concittadino che di barbieri se ne intende e lui, per saltare da Rossini a Verdi, s'è imbolsito come un Falstaff. “Se vuoi dimagrire niente diete, ma una una bella bicicletta!” Ci va giù duro nel dirlo l’uomo insaponato che sta dalla parte morbida del pennello.



E se pedalare, per lui, è ormai come ridere, anche il piangere recrimina la sua parte. Come quella volta che s’imbatte in una giovane cicloamatrice tedesca la quale, smarrita la comitiva, butta lacrime come una fontana. Lei si lamenta in tedesco, lingua piena di consonanti, e lui non capisce un'acca. Si limita allora a consolarla gesticolando. Ce ne vuole ma alla fine, Athos in soccorso della giovane e mimica in aiuto alla retorica, lei si convince che presto o tardi gli amici arriveranno. La ragazza risolleva il morale e Athos la postura per rimettersi in sella all’adorata “Vicini” color rosso fiammante a 11 rapporti. Piangere no, ma a lui accade di piagnucolare. E’ quando, investito da un’auto pirata, rovina sull’asfalto e si spezza un braccio. Privazione indicibile, non tocca bicicletta per 60 giorni. Fatica disumana, riesce a far uso degli strumenti di lavoro. L'ultimo capitolo della serie incidenti si risolve in una bolla di paura; teatro d'azione è lo spiazzo di Mercatale di Urbino. Forse rapito dallo stupendo Palazzo Ducale, l’Athos che non frena, frana; e lo fa addosso ad una recinzione posticcia da restarvi malamente incastrato. Deve esser riaccompagnato a casa in macchina nemmeno fosse un onorevole. Ma non è un’auto blu, perché di quel colore ci sono soltanto i suoi tanti lividi. Non si fanno però attendere i giorni migliori. Quelli del pedala pedala e non fermarti mai. "Sempre a pane e acqua come un carcerato" tiene a precisare, rifiutando come fiele persino uno soltanto di quei rigeneratori di sali minerali che sembrano oransoda. Sì, è tempo di fare il conto della serva: a una media di 15.000 chilometri all’anno, nei 25 intercorsi dal 1984, il signor Bernardini (questo il cognome) da Montelabbate (dove è nato 52 anni fa) ha macinato la bellezza di 375.000 chilometri. Significa che a luglio di quest’anno, con buona pace di Jules Verne, egli avrà percorso nientepopodimeno che la distanza che separa la terra dalla luna. Davvero un’impresa da primo sbarco del '69, con annessa cronaca a due di Tito Stagno da studio e Ruggero Orlando da New York. Anzi, un'autentica performance da extraterrestre. Ecco perché del suo nome Athos basta adesso scomodare le due sole prime lettere. Perché? Ma per chiamarlo AT e far il verso all’E.T. di Rambaldi, alieno per eccellenza e “befano” che vola a cavalcioni d’una bici.
Leone Pantaleoni
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