venerdì 29 agosto 2008

UN GIRINO TRA IL BUE E L'ASINELLO

Il Giornale del 26 maggio 2008 riportava la seguente notizia:

Bolzano - Apertura in grande stile, ma tra le polemiche, per il nuovo Museion, il museo d’arte moderna di Bolzano inaugurato sabato mattina sulle rive del torrente Talvera. A far scoppiare le critiche, anche da parte del vescovo della Diocesi di Bolzano-Bressanone, una rana crocifissa di colore verde lunga circa un metro piazzata nell’atrio d’ingresso della modernissima struttura costata 30 milioni di euro.
L'opera incriminata L’opera, realizzata dallo scomparso artista tedesco Martin Kippenberger, raffigura un brutto ranocchio che tiene con una zampa un uovo, con l’altra un boccale di birra. "I sentimenti religiosi hanno il diritto di essere rispettati - ha affermato il vescovo Wilhelm Egger - la rana crocifissa esposta al nuovissimo Museion d’arte moderna ha stupito tanti visitatori del Museion e li ha feriti nei loro sentimenti religiosi. Oggi, i simboli della fede cristiana vengono spesso disprezzati. Oggi, però, è fondamentale il rispetto per i simboli e i sentimenti religiosi. Una mostra di opere simili non aiuta alla pace tra le culture e le religioni".
La dura polemica L’Union fuer Suedtirol chiede le immediate dimissioni dell’assessore provinciale alla cultura in lingua tedesca Sabine Kasslatter Mur presente all’inaugurazione dell’opera. Critica anche Alleanza Nazione che ricorda la precedente polemica e provocazione quando l’inno di Mameli era stato accompagnato dal rumore di uno sciacquone. Il presidente di An Alessandro Urzì parla di "atti blasfemi da parte degli autori". Nel sottolineare che "l’autonomia ci chiama a grandi responsabilità, a investire in strutture e in cervelli, a non perdere mai di vista il valore assoluto della convivenza e il bene prezioso di tre culture che si sviluppano e si rispettano e che l’Alto Adige vuole aprirsi all’Europa", scettico sulla rana verde crocifissa appare anche il presidente della giunta provinciale altoatesina Luis Durnwalder.


Della serie impara l’arte e mettila da parte, nel senso che se sei artista affermato puoi poi renderti autore di qualsiasi porcheria, spacciarla per sublime arte e guai a chi osa metterlo in dubbio, beh, di tale serie, la rana crocifissa ci mancava. Pensate, quel batrace di leopardiana memoria che pugnava coi topi e che ci ricorda il saltellante giocattolino di plastica con chiavetta di ricarica, che i bambini mettono in vendita, a prezzi stracciati, in quelle loro tanto improvvisate quanto fantasmagoriche bancarelle, magico ricettacolo dei loro coloratissimi sogni. Una rana color pisello, dallo sguardo stravolto, e nemmeno poco, che fa la boccaccia (sembra esclamare, la meschina: - La dedico a chi mi ha messo qui! -); una rana con le mani, mani inchiodate s’intende, dove la destra tiene un boccale di birra e la sinistra un uovo. Uovo che oggi l’umanità intera, accantonando i suoi meschini problemi esistenziali e sussistenziali, si chiede trepidante: - Sarà sodo? Non sarà sodo? -. Birra e uovo, insomma. Soltanto 34 calorie per ogni cento grammi la prima ma quasi il triplo il secondo. Come a dire un po’ Oktoberfest e un po’ Scampanata di Anghiari (da cui il celebre dipinto di Leonardo andato perduto) in cui è previsto, appunto, uno spettacolare lancio di uova. Che profondità di pensiero! Quale capacità espressiva! Che fedele fotografia dell’inconscio turbato dalla crisi depressiva del suo autore (Martin Kippenberger), passato a miglior vita forse anche perché senza più rane messe in croce! Intanto, il papa, pardon, il “pastore tedesco” che sfoggia a spese dei martiri ermellini, ha osato ringhiare: ha criticato il mancato rispetto ai valori religiosi del cattolicesimo; e, quel che è peggio, novello Benigni de “La vita è bella”, ha avuto l’ardire di sfidare i riflettori di quella sinistra torretta chiamata sedicente modernità: ha tentato di scavalcare il filo spinato di un lager chiamato sagrestia! Sia fucilato! Un papa così fuor dalle regole, così autoritario ed oscurantista, anacronistico amante dei riti ambrosiani e del loro superato latino, sia fucilato! A proposito, tempus fugit, dicevano i latini: il tempo vola e l’estate sta finendo (questo però erano i Righeira a dirlo nel loro vacanziero tormentone datato 1985). Fra quattro mesi appena, che voleranno in quattro amen, sarà Natale. Volete scommettere che, anche per non offendere la sensibilità di chi osservante non è, un qualche “artistone” si divertirà a portarci in giro? Come? Ma spacciando per cristallina arte un girino! Il girino Gesù Bambino; da mettere nel pagliericcio, tra il bue e l’asinello. Nell’attesa che, superato lo scoglio Erode con la provvidenziale fuga in Egitto, da grande possa finalmente diventare una rana.



Leone Pantaleoni

mercoledì 27 agosto 2008

Oh! Dolci baci, o languide carezze,…


Ieri pomeriggio, seduti sulle panchine di quell'angolo pesarese di Piazza Matteotti che si trova di fronte al palazzo di vetro (lo slargo che sembra una crostata), due ragazzi si baciavano; alla maniera forte, intendiamo. Da far arrossire o impallidire (fate voi), e non soltanto loro, i timidi e celeberrimi innamoratini di Peynet. Lingue svolazzanti o roteanti con annesso e connesso spettacolo pirotecnico di conseguenti effusioni.
Farcito con gianduia, granella di nocciola e ricoperto di cioccolato fondente dalla Perugina dei biglietti-“apostrofo rosa sulle parole t'amo”, si sa che il bacio non stuzzica solamente golosità ma comunica innanzitutto passione, unione, tenerezza, saluto e affetto; e che non c'è soltanto quello alla Carla Bruni-Nicolas Sarkozy, pardon, alla francese (a lingue intrecciate). Suono onomatopeico dei fumetti per indicare il bacio tra Minnie e Topolino o fra Paperina e Paperino, millanta sono i modi di far schioccare uno "smack".
Da un professore abitante negli Stati Uniti (non a caso la nazione degli strizzacervelli) ne sarebbero stati individuati almeno ventiquattro (uno per ciascuna ora del giorno?). Ci si bacia ad occhi chiusi, ad occhi aperti, in modo passivo, in modo vorticoso, in modo violento o affettuoso; ci si bacia a labbra contratte, con crescendo (a Pesaro, va da sé, rossiniano), da vampiro, da piovra, col mordi-orecchie, con inalazione di spray e assunzione di mentina prima, con inalazione di spray e assunzione di mentina dopo; ci si bacia in modo parlato (e "qui" c'immaginiamo le belle frasi che potrà ad esempio trovare un affabulatore qual è Alessandro Baricco) e visibile (lingue fuori dalle bocche). Ma - benedetto Iddio! - ci si bacia in un luogo appartato e non a pochi metri dalla gente che transita più o meno indaffarata o aspetta tram e corriere più o meno spazientita. In quel luogo sono i mezzi ad essere pubblici, non i baci!

LEONE PANTALEONI

BACI COMPOSTI

Rifuggendo da ogni e qualsivoglia forma di sessismo di stampo vittoriano e comunque a scanso di equivoci, mi si conceda una chiosa al mio pezzo di venerdì scorso sui baci pubblici. Quando questi ultimi sono composti e fugaci, non solo non li trovo sconvenienti, ma li considero una delle più belle e gioiose espressione di vita, dove la violenza del possesso lascia il posto alla tenerezza del rispetto. L’unico bacio che sempre e comunque va rispedito al mittente resta quello di Giuda. Ma questa è un’altra storia; una storia di qualche annetto fa.

Leone Pantaleoni

martedì 26 agosto 2008

LA PACE CHE IL MONDO NON PUO' DARE

A margine della dibattuta questione sulla croce e la spada

A margine della dibattuta questione sulla croce e sulla spada e fuor di faziosità, è lecito chiedersi che l'equivoco fra pace francescana e pacifismo sia chiarito una volta per tutte?
E' lecito chiedersi come si possano coniugare, con tutte le sfaccettature del caso, due concezioni dove da un canto la pace è dono ricevuto e dall'altra virtù posseduta?

“Ultima cena” di Duccio da Buoninsegna

Il credente sa che la pace viene da Cristo ("Vi do la pace, vi lascio la mia pace, non come ve la dà il mondo io ve la do". Giovanni: 14,27-31) e che essa, ancorché auspicabile, non è quella che può nascere dalla ricomposizione esterna dell'ordine fra popoli e ceti sociali. Il credente sa che essa nasce da una vittoria su tutte le leggi di separazione. E' "qui" che i figli di Dio dispersi" ritrovano ciascuno la propria integrità e la propria autentica relazione con gli altri; è da "qui" che prende senso quella visibile pace sociale, parte anch'essa delle promesse messianiche. Ma la connessione vitale tra il nostro essere e la vita di Dio non è in nostro potere, perchè, contando sulle sole nostre forze, ancor prima dell'esistenza, ne ignoreremmo la stessa possibilità di esistere.

La moderna antropologia sembra aver azzerato l'autonomia della persona, la cui emergenza sarebbe risolvibile nel solo intreccio dei determinismi. Non è necessario appellarsi ad una corrente filosofica, spiritualistica o meno che sia, per affermare che questo appiattimento dell'autonomia umana si risolve anch'esso in un'illusione: la possibilità di conseguire la pace soltanto agendo su se stessi e sulle strutture politiche e sociali. E, peggio ancora, il ritenere utopisticamente che la pace possieda una forza innata destinata infine ad imporsi.

Il credente sa invece che la pace che il mondo può offrirgli si basa su equilibri esterni, regolati dal calcolo del potere insito nella interazione delle forze sociali. Equilibri estranei alle profonde ragioni del cuore e perciò instabili e deludenti.
Certo, anche la pace a cui aspira il mondo rientra nella profezia messianica, ma questa profezia si costruisce a partire dalla radicale alleanza con il Dio trinitario, in cui si nasconde, in germe, il destino del mondo. Tutto questo sa il credente. Ma soltanto perché gli è stato rivelato affinché anche lui lo riveli ai fratelli.



Leone Pantaleoni

lunedì 25 agosto 2008

IL CANE ENIGMISTA

E’ facile dare un biscotto a un bassotto, specie se la bestiola si chiama Germanico

Fu quando mia zia Delfina, Delfa come la chiamavamo noi, tornò definitivamente in Italia da Berlino, dove aveva dato di gomito la bellezza di quarant’anni come donna delle pulizie d’un ristorante italiano in Greifswalder Strasse, che divenni il padroncino del cane bassotto che la buonanima volle regalarmi. Con mio grande piacere ma con ancor più grande costernazione di mia moglie che ha una tal repulsione per i cani che definirla cinofoba è come dire cinofila. Si consideri che la tapina, quando da fidanzati venne avvicinata da uno scodinzolante barboncino, lo apostrofò con un “maleducato!” che ancor oggi, a ripensarci, non riesco a trattenermi dal ridere. Un ridere che magari adesso, a distanza di anni, è più che altro un sorridere. Il nome che ho dato al bassotto è Germanico. Non è dei più simpatici, riconosco, ma è in onore del generale romano che accompagnò Tiberio a compiere spedizioni punitive per rafforzare i confini dell'impero lungo le sponde del Reno. E, naturalmente, in assonanza con la terra di provenienza della bestiola. Io però lo chiamo “Ger” e me ne sbatto del “manico”. Fra me e Germanico c'è un feeling perfetto. Basta un mio cenno e lui capisce cosa voglio che faccia. O che non faccia. Sulla intelligenza dei cani se ne sentono di tutti i colori. Dario, mio fratello minore, sostiene ad esempio che il suo quattrozampe è intelligentissimo perché, quando gli arrivano a casa gli amici, fa loro le feste, mentre, quando si tratta di sconosciuti, assume un atteggiamento ostile di diffidenza. Loris, mio fratello maggiore, gli ha allora spiegato, ma senza convincerlo a quanto pare, che i cani sono particolarmente sensibili agli umori del padrone. E dunque anche al tono di voce con cui costui accoglie gli ospiti. E che quindi agiscono di conseguenza. Ma quella volta, anzi, quelle due volte, in quanto ad intelligenza canina, Germanico m’inquietò. Aprite bene le orecchie: da sempre patito di enigmistica, sto scervellandomi dinnanzi ad un rebus descritto (perché senza figure) di cui non riesco a venire a capo (è evidenziata soltanto una N e la frase risolutiva è formata di quattro parole). Pensa e ripensa, ecco che ad un tratto, con un balzo felino, pardon, canino, Germanico mi corre incontro come è solito fare col giornale del mattino, ma stavolta con in bocca uno dei dischi di musica classica che io, disordinato come più non si potrebbe, lascio immancabilmente sparsi sul tappeto dopo dell’uso. Ma sarebbe anche prima se mia moglie non si facesse carico di rimettere in ordine. Si tratta della più celebre delle sinfonie di Beethoven eseguita dall’orchestra diretta da Zubin Mehta. Lì per lì mi rivolgo al bassotto con un brusco: - No, Ger, non è questo il momento di scocciarmi! -. Ma poi, stropicciandomi la materia grigia non meno degli occhi, ho l'ispirazione. - Ma sì – mi dico - quella N che vedo è la nona lettera della parola – BEETHOVEN e dunque la soluzione della crittografia è "La nona di Beethoven! " -. Passano un paio di settimane, Settimane Enigmistiche, s’intende, e stavolta sono dinnanzi alle lettere IS ed ho per soluzione una frase di ben sei parole. Ponza che ti riponza ad esaurimento dell'intero arcipelago, sto per decidermi a soprassedere in attesa di ritornarci su l’indomani. Si sa che a volte, la capricciosa musa arriva in soccorso in un nanosecondo, mentre in altre si fa attendere invano per ore. Quand’ecco sopraggiungere Germanico con in bocca il più conosciuto dei nostri romanzi epistolari. – No, sto sognando – mi dico: - IS sono le due ultime lettere del nome JACOPO ORTIS -. E “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” è anche la soluzione del rebus! Bianco come uno straccio passato e ripassato nella candeggina, dico a mia moglie che ho impellente bisogno di prendere una boccata d’aria. Ed è proprio nell’uscire, che, dall’esterno della finestra accanto alla porta di ingresso, scorgo l’amatissima consorte che, tra il tavolo e il frigo della cucina, infilando un biscotto nella bocca del bassotto gli dice a voce alta con ghigno beffardo: - Bravo Germanico, anche stavolta hai eseguito il compito alla perfezione e dunque ti meriti il premio! -. Figlia d’un cane e cane bassotto per giunta! Era stata lei a fargli serrare tra i denti prima il disco di Beethoven e poi il libro del Foscolo! Due ne aveva di zampe l’enigmista provetto e non quattro!
LEONE PANTALEONI

sabato 23 agosto 2008

“I” COME ISOLA DEL PIANO

Ultimi effetti del solleone … da Cagli
Fate come vi pare ma noi vi diamo un accorato consiglio: mai e poi mai sposare un enigmista


Fu quando le puntualizzai, dopo aver letto l'insegna "Da Ninin", che Ninin è nome palindromo (si legge allo stesso modo in tutti e due i sensi), monovocalico (usa la sola "i") e monoconsonantico (si serve della sola "n") che mia moglie giurò di non recarsi più a Fano con me. E fu quando le feci notare che uno che muove ritmicamente l'indice a destra e sinistra indica Fano perché "fa no" che ella si pentì amaramente di non aver mantenuto la promessa. A Pesaro, in via Branca, da quando le ho detto che per cambio d'iniziale si ottiene Franca, per cambio di consonante si possono avere branda e bracca (dal verbo braccare), per cambio di vocale branco e per cambio di lettera bianca, in via Branca, dicevo, mia moglie non ci transita più. Figurarsi, allora, se ho potuto aggiungere che, per sottrazione di lettera, Branca diventa banca e che Branca, come il Ninin di cui sopra, è parola monovocalica (possiede la sola "a"). L'ultima volta che ci siamo recati nella città di Raffaello, le ho recitato la estemporanea poesiola: "In Urbino c'è un burino che ha un brio! E che ostenta un rubìno. Speriamo che glielo rùbino!"; dove Urbino-burino-rubìno-rùbino-un brio sono anagrammi perché composti delle medesime lettere cambiate di posto. Ho detto l'ultima volta che ci siamo recati in Urbino e non dovrebbe essere difficile capire perché non diventerà mai la penultima. Ma non basta: a Urbania le suggerii che essa sembra "una Bari" (e lei trasecolò) perché "una Bari" è formata dalle stesse lettere di Urbania; a Auditore che Auditore è parola panvocalica perché comprende tutte e cinque le vocali; a Gradara che Gradara è invece monovocalica. Ma il punto di non ritorno l’ho toccato quando ho cercato di farle entrare in testa che la vocale "I" è una crittografia che può risolversi in Isola del Piano. Nel senso che della parola PIANO ci sta scritta soltanto la I (di PIANO è esposta la sola I=I sola del PIANO).

"I", panorama *

Ben si comprende allora perché adesso io e mia moglie non abbiamo più nessuna, delle nostre parti, in cui recarci. Ce ne stiamo sbracati sul divano. Dove divano si anagramma in donavi e invado (dai verbi donare ed invadere) e sbracati in strabica, sbarcati, bastarci, e, dal verbo cabrare che significa l’impennarsi di un velivolo, cabrasti.

Leone Pantaleoni
*Per l’enigmista basta una sola “i” per scrivere Isola del Piano.

giovedì 14 agosto 2008

BUON FERRAGOSTO !

Non è certo per il detto "agosto, moglie mia non ti conosco", in cui il marito ritorna prepotentemente cacciatore - ed è ben noto di quale tipo di caccia si tratti - che nella Roma dell'epoca monarchica, il 13 di agosto era dedicato alla più eccelsa delle cacciatrici, la dea Diana. Regina incontrastata delle selve, essa veniva raffigurata con un ramo fronzuto in una mano mentre nell'altra tiene una coppa piena di frutti piegata verso un altare da cui spunta un cervo. Diana, la cui radice "di-um" significa "spazio celeste", aveva tra gli altri carismi nientepopodimeno che quello di tutelare le nascite.

Ma si sa che la festività per eccellenza resta quella che viene due giorni dopo il 13, e cioè quel Ferragosto che prende il nome dal primo imperatore romano, Augusto, sotto il quale nacque Gesù. Costui, tanto per non dimenticare di autocelebrarsi, istituì per le Calende del mese, con buona pace degli stakanovisti avi del ministro Brunetta, le "feriae Augusti". Curioso il constatare che in Lombardia la fedigrafa stagione venatoria venga estesa al mese di luglio ("Luj e agosto, mujer mia no te cognoss") e, in Toscana, addirittura a quello di giugno ("Giugno, luglio e agosto, moglie mia stammi discosto"). Ad assicurare il lieto fine ci pensa però la Venezia Giulia che all’inquietante "Agosto, moglie mia no te conosco" fa seguire un rassicurante "ma co l'otobre vegnarà, ti me ciamarà".
Per i credenti il 15 agosto è il giorno dell'Assunzione della Beata Vergine, perché colei che non conobbe peccato, nemmeno dovette conoscere la corruzione della morte. "Dormitio" e cioè dormizione (atto dell' addormentarsi), ecco come i Padri della Chiesa chiamano il passaggio di Maria dalla terra al Cielo.

A questo punto – sarà il solleone - ci sovviene una battuta tra sacro e profano, soltanto all'apparenza irriverente. La quale, riferita a quel sorprendente datore di lavoro che è il buon Dio, ben volentieri dedichiamo ai tanti giovani in cerca di primo impiego: - Proprio nel giorno in cui nessuno ma proprio nessuno lavora, la Madonna è stata assunta -.

Leone Pantaleoni

martedì 12 agosto 2008

“IN MEZZO A TANTA LICENZA NASCE E SI SVILUPPA UNA MALA PIANTA : LA TIRANNIA”.( Platone - La Repubblica - 370 a.c.)

Premessa: alle brevi riflessioni che seguono sono giunto dopo una esperienza personale; quando, in sala professori in attesa di tenere una lezione di enigmistica in un liceo della nostra città, mi è capitato di assistere ad un colloquio fra docenti, avente per tema i disastri comportamentali di odierni studenti (distruzione di aule, foto spinte con il cellulare, aggressione contro compagni portatori di handicap e contro insegnanti ecc.): "Dire che la sua sia una morte prematura è un anacronismo sesquipedale, essendo che già, nel quarto secolo prima di Cristo, ne trattava Platone, da par suo. Ma la sua morte, morte civile perché ostracistica cacciata dalla società, lascia comunque un vuoto che, come suol dirsi in questi casi, è incolmabile. Parliamo della educazione e dunque di quella autorevolezza da cui essa non può prescindere nemmeno in quei casi che pure ne rappresenterebbero l'eccezione a conferma della regola. Barattata in maniera pinocchiesca (ricordate? Il Pinocchio che cedette l'Abbecedario per assistere allo spettacolo delle marionette) con un malinteso concetto di libertà (poter fare ciò che si vuole, all'insegna degli slogan di matrice sessantottina: "vietato vietare", "nessuno tocchi Caino", "autorità è autoritarismo travestito", fino a giungere al "togliamo i crocefissi dai luoghi pubblici"), dopo il suo esilio forzato dall'umano consorzio, han cominciato a languere tre istituzioni che non si chiamano - con tutto il rispetto - circolo della briscola, del tressette e del rubamazzo, ma Famiglia, Scuola e Chiesa. Emergenza educativa, dunque, che precede quella politica o economica a cui destra o sinistra legano strombazzanti le chances di ripresa del Paese. Essa ci riguarda individualmente perché è attraverso l'educazione che si costruiscono le persone che compongono la società. Riportiamo, al riguardo, le parole di quella grande maestra di pensiero che fu Hannah Arendt: "La crisi dell'educazione è inevitabile quando crollano i pilastri su cui essa si fonda, e cioè la libertà, la tradizione e l'autorità". Ma la libertà non è quell'assenza di legami e di storia secondo la quale - il Platone di cui sopra dell'VIII libro di Repubblica insegna - si può diventare grandi non appartenendo a niente e nessuno, semplicemente seguendo il proprio gusto o piacere. Ecco perché i ragazzi che si votano ad essa dovranno poi scoprirne la natura tirannica, sentendosi così orfani, senza padri e senza maestri, in completa balìa di quella rabbia che li istigherà alle derivanti conseguenze, distruttive della persona e delle cose".

Leone Pantaleoni


“Quando un popolo divorato dalla sete della libertà , si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino a ubriacarlo, accade allora che , se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi , sono dichiarati tiranni.
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere , servo ; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari , e non è più rispettato ; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi , e questi , per non parer troppo severi , danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà , nel nome della medesima , non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta : la tirannia”. (370 a.c. - La Repubblica- Libro VIII )

Platone




sabato 9 agosto 2008

PENNE IN BIANCO E RAVANELLI

E' di ieri la notizia che Fabrizio Ravanelli aprirà un ristorante a Cagli.

Lo chiamerà "N.11" in ossequio alla sua gloriosa maglia. Numero curioso l'undici. A parte il fatto che è il suo giorno di nascita (dicembre 1968) e la somma delle lettere del suo soprannome (Penna Bianca), esso può considerarsi l'incipit d'una frase (un dì ci...). Ben augurante se accoppiato all'8 (fa "un di-ci-otto" che farà spiccare il volo al locale, è di pessimo auspicio se messo accanto al 9 (l'infausto 11 settembre delle torri gemelle). Riposizionando le 17 lettere che compongono "Fabrizio Ravanelli" si ottiene: "Lì fa vibrar l'azione". Dove quel "lì", se quando l'atleta giocava era l'area avversaria, oggi è quel punto della superstrada Flaminia dove sorgerà l’annunciato luogo di ristoro. Va da sé che l'azione sarà quella delle mascelle dei clienti, intenti a masticare i succulenti cibi loro propinati. Siamo in grado di anticiparvi che il primo per eccellenza saranno le penne. Al pomodoro? All'arrabbiata? Alla puttanesca? Ma no, semplici penne all’olio, in bianco, per intenderci, per via di quel "Penna Bianca"di cui sopra con cui Fabrizio era soprannominato a causa dei suoi capelli precocemente brizzolati. E poi secondi piatti a iosa, tutti quanti farciti con sfiziosi contorni a base di "raphanus sativus". E cioé di piante annue o bienne del genere rafano, dal color rosso carminio, con radice tuberizzata, globosa, ovale o allungata. Di ravanelli, insomma.


Leone Pantaleoni

ORIGINALE IL PECCATO PIU' VECCHIO DEL MONDO?

Calembours su Adamo ed Eva: se far i genitori è improbo compito, figuriamoci che cosa dev'esser stato per loro fare i progenitori!
Sei vocali e quattro consonanti rendono facile dire “Adamo ed Eva”, ma se far i genitori è improbo compito, figurarsi l’aver fatto i progenitori! Ecco perché la serie di divagazioni sul tema che seguono avrebbero la pretesa di dimostrare l'assunto:
- Eva, rivolta a lui: “T’Adamo da morire!”; Adamo, rivolto a lei: “E va, non ci credo!”.
- Adamo, rivolto ad Eva, con tono spazientito: “E smettila, una buona volta, di darti quelle arie da primadonna!”.
- Eva, meditabonda, dinnanzi al frutto proibito: “Me la prendo? Me la mordo?”.
- Dubbio amletico: se Eva si fosse invece chiamata Margherita, avrebbe sfogliato l’omonimo fiore col dire, fino all’ultimo petalo: “Adamo, non Adamo, Adamo non Adamo?”
- La Bibbia sarà anche una cosa seria, ma se il peccato di Adamo ed Eva è vecchio come il mondo, come fa ad essere originale?
- Alcune differenze fra noi e i nostri progenitori? Loro di frutto proibito ne avevano uno. Noi, con i prezzi che corrono, ce li abbiamo tutti quanti! Loro erano nudi e non se ne vergognavano, noi, però, adesso esageriamo col vantarcene. A proposito, sarà anche scandaloso, ma il costume adamitico è di gran lunga il più economico! E, per concludere, loro avevano tutta quanta la terra in eredità e nemmeno un parente che gliela contendesse!
- Il serpente a Eva, con aria declamatoria e canzonatoria: - Ave Eva! – subito aggiungendo: “mordituri” te salutant! -
- Doloretti … intercostali di Adamo, stretto nella morsa tra molare e mollare: fu quando Eva gli chiese in dono una borsa di serpente che lui le mollò un ceffone da farle saltare un molare. E fu quando Eva domandò allo specchio chi fosse la più bella del reame che lui gliene rimollò un altro da farle saltare un secondo molare. Ah, superfluo aggiungere che in ambo i casi lei ricorse alle cure d’un …Edentista.
- Adamo ed Eva ospiti di Biancaneve all’ora del tè: “Lo diciamo anche per te, principessina, ma proprio una torta di mele dovevi farci?”.
- Adamo, rivolto alla maestra: “Perché non mi crede se le dico che ieri mi sono assentato per la morte del nonno?”. Pensieri omicidi di Adamo ed Eva in volo durante il viaggio di nozze: appena decollati, indirizzati al tipografo che ha erroneamente scritto sui loro depliant di matrimonio “Luna di mele” invece che di “miele”; poco prima di atterrare, destinati alla hostess che li ha catechizzati col dire: “Ecco signori, siamo sopra New York, la Grande Mela!”.

Leone Pantaleoni

venerdì 8 agosto 2008

UN TERNO ALL'OTTO

Oggi, data d’inizio delle olimpiadi, è il fatidico 08-08-08, ovvero una tripla riproposizione del numero che in Cina indica armonia

Castel del Monte, a forma ottagonale.


Un terno all'otto e non al lotto, ecco cos'è la data di oggi se letta con quell' 08-08-08 che fa tanto calendario da tavolo. La qual cosa ci rimanda ad una nostra ingenua barzelletta (l'unica che inviammo al "Corriere dei Piccoli" da ... piccoli) che diceva così: "Estrazioni dell'otto: ruota di Roma: 8, 88 ...".
Certo, i pignoli avranno di che grattarsi il lobo dell'orecchio, perché per loro, il vero 08-08-08 coincide con un otto agosto di duemila anni fa, quando un Gesù fanciullo, narra la leggenda, si dilettava a modellare uccellini di creta che poi, miracolosamente, spiccavano il volo dinnanzi agli occhi esterrefatti degli amici.
La tripla riproposizione del numero otto, dunque, come a dire un otto col botto. Per quella parte della matematica che confina con il commensurabile, l'otto è sinonimo di doppio quadrato ed è curioso notare come, se si appoggia un quadrato sopra l'altro e quindi se ne arrotondano gli spigoli, proprio il numero otto si ottiene. Per quell’altra parte della matematica che invece sconfina nell’ incommensurabile, un otto adagiato orizzontalmente diventa simbolo dell'infinito. Quel “non luogo” soltanto apparente dove, sempre a dar retta alla scienza dei numeri, finalmente s'incontrano due rette parallele.
A proposito di parallele e dunque di ginnastica artistica, si dà il caso che proprio oggi inizino le Olimpiadi di Pechino e dunque va detto che in terra d'oriente l'otto, figlio dell'intreccio di tradizioni, culture ed epoche differenti, proprio perché complesso, è simbolo di armonia. Segno positivo, dunque, nonostante che, etimologicamente parlando, “ottimo” non derivi come potrebbe sembrare da “otto”. Nelle simbologie di culture quali sono quella iranica e quella araba, e nella stessa religione islamica, l'ottagono e la stella ad otto punte, seppur nei loro molteplici significati, riconducono anch’esse all'armonia, e, meglio ancora, alle graduali vie ascetico-religiose che si prefiggono di raggiungerla. Decorazioni ceramiche e lapidee, bacini di fontane, giardini-paradiso, tessuti ed arte orafa, l'otto e l'ottagono sono inoltre giunti in occidente nelle architetture militari dei templari e, come il superbo Castel del Monte in terra di Puglia insegna, in quelle di un Federico II di Svevia non a caso definito “stupor mundi” (meraviglia del mondo).

Leone Pantaleoni

sabato 2 agosto 2008

CHI A TUTTO E CHI A NIENTE

Colpi di sole agostani un po’ per celia e un po’ per non morire

Chi tutto e chi niente. Così dice il saggio.
Ma noi vi proponiamo la variante “CHI A TUTTO E CHI A NIENTE” che non è una doppia debacle in fatto della più elementare coniugazione del verbo avere. Si tratta, infatti, in pieno clima agostano, da relax e colpi di sole per capirci, di due nostri brani dove, nel primo, compare la sola “a” e, nel secondo, la “a” è invece rigorosamente bandita:
UNA FAMIGLIA ALL’… A … RGATA
"Papà lava la vasca: la vasca allagava la mansarda! L’avara Ada, calma calma, spalma la cara (nel senso di costosa) lavanda all’allampanata Anna. Sara spazza la sala. Mara, data la palla a Nara - la ragazza scassava! -, andata al bar a tracannar acqua gasata dalla caraffa, paga alla cassa. Lara, sala la pappa: la Tata, sfamata, alla nanna da brava andrà - stracca: la stanza s’appanna!-. Mamma - fa la sarta -, spazzata la lana scartata, stanca l’ammassa a manca. Papà - Ma va là! - bara a baccarà. Alla gatta, maltrattata dalla cagna – Basta! Basta! -, traballa la zampa staccata”.

IL RE DEL POKER “Oggi sono l’uomo più contento del mondo; ho vinto mille e cinquecento euro con il poker, con un bluff rischiosissimo. Luigi, con un bel tris servito, non è venuto. Giorgio, con un full di dieci, idem. Loris, tre quinti di un colore suppergiù impossibile, invece … pure. Io? Io ho compiuto il furto, o lo scippo se preferite, con un miserrimo re; il re di picche. Nemmeno fosse quello di cuori, o, che so, di fiori. Re, dunque, proprio come re dei pokeristi. Quello che io mi considero con pieno diritto. Perciò rompo ogni indugio e subito vi chiedo, un po’ su di giri, lo riconosco: ne volete, con onesto e condiviso consenso, convenire?”

Leone Pantaleoni

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01) Crittografia (frase: 7 6)
B S

02) Crittografia (frase: 7 7)
DB HPO

03) Crittografia (frase: 4 2 4)
NOME DELL'AT.ORE BANFI

04) Crittografia (frase: 4 10)
- CATINO -

05) Crittografia (frase: 7 2 5)
- QUI.T. LETTERA .. UN ALFABETO -

06) Crittografia (frase: 5 2 4)
- CH.SSA' -

07) Crittografia (frase: 8 7)
- VR VR VR VR TO -

08) Crittografia (frase: 3 4 4)
- TELEFONATEMI! -

09) Crittografia: (frase: 6 1 2 1 4 2 = 2 4 1 3 6)
D... DI NASCITA

10) Crittografia: (frase: 4 4 2 2 2 = 6 8)
IN QUEL PO.TO

11) Crittografia (frase: 8 2)
SONO RIMASTO LI’

INVITO AI CAGLIESI

INVIATEMI UN COMMENTO COL VOSTRO NOME, VI FARO' L'ANAGRAMMA.

GLI ANAGRAMMI DEI CAGLIESI

chi sono questi ?

(nome: 9, 8) = "PANCETTA CON SFREGI" Piercing mal eseguito?

(nome: 7, 7) = "RE FRA LE DOMANDE" Novello Mike Buongiorno?

(nome: 5, 7) = "CARDAR ALBERI"
Ma non era la lana?

per le soluzioni...