Premessa: alle brevi riflessioni che seguono sono giunto dopo una esperienza personale; quando, in sala professori in attesa di tenere una lezione di enigmistica in un liceo della nostra città, mi è capitato di assistere ad un colloquio fra docenti, avente per tema i disastri comportamentali di odierni studenti (distruzione di aule, foto spinte con il cellulare, aggressione contro compagni portatori di handicap e contro insegnanti ecc.): "Dire che la sua sia una morte prematura è un anacronismo sesquipedale, essendo che già, nel quarto secolo prima di Cristo, ne trattava Platone, da par suo. Ma la sua morte, morte civile perché ostracistica cacciata dalla società, lascia comunque un vuoto che, come suol dirsi in questi casi, è incolmabile. Parliamo della educazione e dunque di quella autorevolezza da cui essa non può prescindere nemmeno in quei casi che pure ne rappresenterebbero l'eccezione a conferma della regola. Barattata in maniera pinocchiesca (ricordate? Il Pinocchio che cedette l'Abbecedario per assistere allo spettacolo delle marionette) con un malinteso concetto di libertà (poter fare ciò che si vuole, all'insegna degli slogan di matrice sessantottina: "vietato vietare", "nessuno tocchi Caino", "autorità è autoritarismo travestito", fino a giungere al "togliamo i crocefissi dai luoghi pubblici"), dopo il suo esilio forzato dall'umano consorzio, han cominciato a languere tre istituzioni che non si chiamano - con tutto il rispetto - circolo della briscola, del tressette e del rubamazzo, ma Famiglia, Scuola e Chiesa. Emergenza educativa, dunque, che precede quella politica o economica a cui destra o sinistra legano strombazzanti le chances di ripresa del Paese. Essa ci riguarda individualmente perché è attraverso l'educazione che si costruiscono le persone che compongono la società. Riportiamo, al riguardo, le parole di quella grande maestra di pensiero che fu Hannah Arendt: "La crisi dell'educazione è inevitabile quando crollano i pilastri su cui essa si fonda, e cioè la libertà, la tradizione e l'autorità". Ma la libertà non è quell'assenza di legami e di storia secondo la quale - il Platone di cui sopra dell'VIII libro di Repubblica insegna - si può diventare grandi non appartenendo a niente e nessuno, semplicemente seguendo il proprio gusto o piacere. Ecco perché i ragazzi che si votano ad essa dovranno poi scoprirne la natura tirannica, sentendosi così orfani, senza padri e senza maestri, in completa balìa di quella rabbia che li istigherà alle derivanti conseguenze, distruttive della persona e delle cose".
Leone Pantaleoni
“Quando un popolo divorato dalla sete della libertà , si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino a ubriacarlo, accade allora che , se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi , sono dichiarati tiranni.
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere , servo ; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari , e non è più rispettato ; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi , e questi , per non parer troppo severi , danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà , nel nome della medesima , non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta : la tirannia”. (370 a.c. - La Repubblica- Libro VIII )
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere , servo ; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari , e non è più rispettato ; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi , e questi , per non parer troppo severi , danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà , nel nome della medesima , non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta : la tirannia”. (370 a.c. - La Repubblica- Libro VIII )
Platone
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