D'accordo che l'occhio vuole la sua parte e che il custodire il corpo dei trapassati è atavico indice di civiltà, ma nella perentoria promessa: "Quando muoio mi faccio cromare!" sembra esserci un tantino di mal spruzzata esagerazione. A parte che non vorremmo essere il malcapitato carrozziere cui fosse demandato l'arduo compito, ma ve la immaginate una scena che giammai potrà competere con la bellissima Shirley Eaton, la quale, nel film Goldfinger, viene spogliata di tutto ma ricoperta d’oro quasi fosse la statuetta di un Oscar?
C'è strafalcione e strafalcione, è vero, ma quelli propostici dall'amico Enrico Sirri, ci dimostrano che nel distretto sanitario di Fano e Mondolfo, anzi "solitario", come ha detto un fantasioso assistito che c’è da presumere si candiderà al Nobel per la simpatia ma non per la letteratura, davvero non si scherza. Esempio: ti capita di ripensare al “Carthago delenda est” e dunque alle tre guerre puniche, ma se poi ti senti dire: "Dottore, nel ginocchio avrò la Cartagine finita?", ti chiedi per che cosa mai abbiano combattuto con le unghie e coi denti, del 241 al 149 a. C. i romani. E ti convinci, con buona pace della coppia Montanelli-Gervaso e della storpiata cartilagine, che ci sono sorprendenti modi di rileggere in chiave risibile la storia. E l'emozione dove la mettete? Al medico che domanda quanto sei alto, può rispondersi con la data di nascita. A quello che chiede dove si è nati, col dire: - A casa -. Come l’Alice di Lewis Carroll ci s’ immerge nell’antro dell'assurdo con la raggelante constatazione: "Da quando ho avuto l'incidente mortale non ci sento più!". E ci si fa un baffo di Einstein e delle sue geniali implicazioni sulla relatività del tempo con "Dottore, anche la prossima volta c'era lei?". Il buon Raspelli non se ne avrà per un "Devo fare la gastronomia (per gastroscopia)", né Branko o Paolo Fox s’offenderanno per un esame astrologico (per istologico)”; e nemmeno Mario Tozzi troverà da ridire per una visita geologica (per ginecologica)”. Sul Viagra che diventa Biafra, l'istintivo sorriso subito si spegne, pensando che in quella tormentatissima terra africana il problema è caso mai di mortalità e non di natalità. E da ultima c'è una lista di nomi strani. Di pazienti, intendiamo. Pazienti anche perché accettano stoicamente di portarli. Si tratta di Argenide e Aniceta; Cedelia, Cleriano e Cocimo; Ervilio ed Esilde; Giannarda, Illo, Ivia, Iuria e Liglia; Marla, Nellusco, Sollide, Serrandino e Stellindo; Titovezio e Tritolemo; e, per chiudere in chiave europeistica, un Olso che sembra ma non è la capitale della Norvegia e un Vilna che, per davvero, è il nome italianizzato della capitale lituana.
Leone Pantaleoni
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